pagina on-line dal 22/04/2012

Il frontespizio degli Elementa Chemiae.

 

La sequenza di tavole che presentiamo è tratta dalla parte terza (Liber singularis de Alchimia vel Chrysopoeia, pp. 481 e sgg.) degli Elementa Chemiae (Lugduni Batavorum, apud T. Haak, 1718) dell’alchimista tedesco Johan Conrad Barchusen (1666-1723). Degli Elementa Chemiae somo attualmente disponibili on-line due versioni in PDF, rispettivamente rese disponibili da Google (copia della Università Complutense di Madrid) e dal Getty Research Institute, quest’ultima scaricabile presso l’Internet Archive.

Johan Conrad Barchusen nacque ad Horne, in Lippe (nella regione della Westphalia), si formò come speziale e medico viaggiando, durante i suoi studi, a Berlino, Myence, Vienna ed altre città della Germania. A partire dal 1693 è al servizio, in qualità di medico, di Franceco Morosini, comandante dell’esercito veneziano.  Al seguito di Morosini egli accompagna così la spedizione veneziana contro l’impero ottomano in Morea (l’attuale Peloponneso, che fu dominato dai veneziani tra il 1685 ed il 1715). Nel 1698 lo ritroviamo lettore di medicina ad Utrecht, e qui, a partire dal 1703, ricopre inoltre l’incarico di professore di Chimica, ottenendo una fama universale che lo porterà, in terra olandese, a diventare uno dei più accreditati rivali del contemporaneo Boerhaave. Gli si debbono diverse opere, tra le quali si ricordano la Historia Medicinae del 1710 (in seguito ripubblicata come De Medicina Origine et progressu dissertationes, Utrecht 1723), e la Collecta medicinae practicae generalis (Amstelodami 1715). Di argomento alchemico sono pure la Pyrosophia, succinte atque breviter iatro-chemiam, rem metallicam et Crysopoeiam Pervestigans, apud Cornelii Boutestein Lugduni Batavorum, 1698) e la Acroamata in quibus complura Iatro-Chemiam atque Phisica spectantia, Jocunda rerum varietate, (Trajecti Batavorum, 1703, vedi Duveen, Bibliotheca alchemica et chemica, London 1949, p.43).

L’interno del laboratorio (Da Elementa Chemiae)

La strumentazione di laboratorio (dagli Elementa Chemiae

 

Secondo Barchusen, le tavole che egli riproduce nella sua opera, erano state copiate da un antico manoscritto di un monastero benedettino di Svevia. L’autore che si cela sotto lo pseudonimo di Johannes Fabricius, in Alchemy (Aquarian, London 1989, ed. italiana L’Alchimia. L’Arte Regia nel simbolismo Medievale, Mediterranee, Roma 1997), che riproduce la sequenza di Barchusen, identifica il manoscritto orginale con quello custodito dalla M. Edelstein Fundation Library di New York, recante il titolo di The Crowne of Nature or the doctrine of the souereigne medecine declared in 67 herogliphicall figurs by a nameless Author. Fabricius data il manoscritto agli inizi del diciassettesimo secolo (p. 239 dell’edizione italiana).

Difficile tuttavia rintracciare gli archetipi originali di un motivo iconografico, quale quello delle operazioni rafigurate all’interno del vaso/boccia animato, che è tra i più comuni e diffusi nella tradizione alchemica (si vedano, ad esempio, i vasi del Mutus Liber o quelli dello Splendor Solis, entrambi antecedenti all’opera di Barchusen). Probabilmente uno degli archetipi più antichi tra i cicli iconografici che usano il motivo centrale del vaso animato, risale alla seconda metà del XV sec., ed è il ben noto Praetiosissimum Donum Dei di Georges Aurach. Tuttavia ai tempi di Barchusen il motivo è ormai tanto diffuso da essere divenuto un topos. Solo dieci anni prima degli Elementa Chemiae, nel 1708, tra le illustrazioni del Erffnete Geheimnisse der Stein der Weisen oder Shatz-Kammer der Alchymie di S. Trismosin (Hambourg 1708), si ritrovano dei vasi animati. Jacques Van Lennep, in Alchimie (Bruxelles 1985, p. 147), rintraccia ad esempio un manoscritto del XVIII secolo dal titolo Sapientia veterum philosophorum, evidentemente imparentato con le incisioni di Barchusen, senza poter però stabilire con certezza se la fonte ne sia effettivamente la sequenza tratta dagli Elementa Chemiae o piuttosto un comune archetipo antecedente. Van Lennep si occupa della sequenza di Barchusen alle pp. 239-241.   

In Italia, in tempi recenti, le tavole tratte dagli Elementa Chemiae furono riprodotte dalle edizioni Phoenix di Genova col titolo Tesoro Ermetico ovvero Trattato Simbolico della Pietra filosofale in 78 figure (Genova, Phoenix 1980). L’edizione italiana moderna segue di quarant’anni quella francese Trésor hermétique, comprenant le Livre d’images sans paroles (Mutus liber), où toutes les opérations de la philosophie hermétique sont décrites et représentées, réédité avec une introduction par le Dr Marc Haven, et le Traité symbolique de la pierre philosophale, en 70 figures, par Jean Conrad Barchusen, réédité pour la 1re fois avec une notice par Paul Servant (P. Derain, Lyon 1942), e precede la più recente pubblicata sotto il titolo di Traité symbolique de la pierre philosophale curata da Patrick Rivière (Ramuel, Villeselve 1996).

La sequenza completa delle tavole è anche reperibile in Alexander Roob, Il Museo Ermetico, Alchimia e Mistica (Taschen 2003, ediz. orig. Benedikt Taschen, Verlag GmbH 1997).

M. M.

Forni ed apparati di distillazione (dagli Elementa Chemiae) 

______________________________

 

Massimo Marra ©, tutti i diritti riservati, riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine.

_____________________________

J. C. BARCHUSEN

 SEQUENZA SIMBOLICA DAL “DE ALCHIMIA VEL CRYSOPOEYA” (in ‘Elementa Chemiae’, 1718)

Parte prima (tavole 1 – 25)

Vai alla seconda parte (tavole 26-50)

Vai alla terza parte (tavole 51-78) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Vai alla seconda parte (tavole 26-50)

 Vai alla terza parte (tavole 51-78)