Recensione a Christian Montésinos, Dictionnaire raisonné de l’alchimie et des alchimistes, collana “L’alphabet d’Hermes”, Éditions de la Hutte, 2010
di Massimo Marra
È un volume imponente (oltre 560 pgg.) quello che Christian Montésinos pubblica per le Éditions de la Hutte. Il libro mi è arrivato già da qualche giorno e giace insieme ad altri in un angolo della mia scrivania. Decido di scegliere un’opera cui dedicare subito un quarto d’ora, qualcosa da sfogliare sul divano per una breve pausa fortunosamente ricavata all’interno di una giornata discretamente frenetica. Opera di consultazione par excellance, un Dictionnaire sembra essere perfetto. La copertina, col bel dragone alato della sexta figura di Lambsprinck, sembra invitante così come il nome della Collana, L’alphabet d’Hermès, e così, complice un divano dall’aria invitante, mi accingo a sfogliare qualche pagina del tomo. Il retro di copertina riporta una breve recensione di Jean Solis, che appare considerare il testo come “un outil indispensable, enfin à disposition de l’ésotériste, du chercheur ou de l’amateur d’Histoire dont la bibliothèque ne peut que contenir ce volume”. Scorrendo le pagine mi colpisce subito l’estrema varietà delle voci trattate, e, contemporaneamente, la stringata brevità delle stesse. Nel mondo di Wikipedia si acquista un libro, e specialmente un dizionario che si vuole specialistico, per ottenere informazioni che una rapida scorsa ai risultati di Google non possono garantire. Un libro che esce nel 2010 ha come riferimento la ricerca veloce dei nuovi media, oltre che, naturalmente, le opere più diffuse dello stesso tipo che l’hanno preceduto. Così, un Dictionnaire sull’alchimia – mi dico – dovrà confrontarsi adeguatamente con l’opera del Pernety, del Salmon, del Ruland. E, naturalmente, con le colte bibliografie de Ferguson, di Duveen, del Caillet, riportando gli aggiornamenti a queste opere che il trascorrere di decenni di ricerca indubbiamente rende indispensabili…
Un’eccessiva stringatezza (voci di poche righe), non depone a favore dell’opera che mi accingo a sfogliare. L’altra cosa che mi colpisce è la completa mancanza di rimandi bibliografici. Una delle funzioni di un dizionario specialistico è quella di fornire un primo approccio alla voce consultata, e di rimandare poi ad un percorso di approfondimento. In mancanza di indicazioni bibliografiche, questo percorso viene semplicemente negato al lettore, che non può risalire alle fonti di quanto ha letto e non può dare avvio ad alcuna ulteriore ricerca. Una rapida occhiata ad alcune voci-chiave del lessico alchemico mi convince che questo aspetto non è certamente uno dei punti di forza dell’opera. Definizioni di poche righe che non spiegano nulla, totalmente prive di riferimenti testuali ed ermeneutici. Decido dunque di concentrarmi sulle voci squisitamente biografiche. La mia pausa è stata già mentalmente devoluta al libro che mi rigiro tra le mani, e non ho intenzione di cambiare idea in maniera frettolosa. È sempre un errore fidarsi delle prime impressioni.
Sfoglio distrattamente, e nella A l’occhio mi cade naturalmente su Augurello (Ioannis Aurellius Augurellus), la cui nascita Montésinos fa cadere un paio d’anni prima di quanto comunemente accettato dai biografi (vedi la voce di Robert Weiss nel Dizionario Biografico degli italiani della Treccani). Inspiegabilmente, il nome Augurello viene presentato come pseudonimo (si tratta invece della variante del ben noto patronimico Agorelli, che talvolta si trova anche come Augurelli), ammantando con l’aura misteriosa della pseudonimia un umanista ben conosciuto, amico di Pietro Bembo, che mai si sarebbe sognato di firmare con pseudonimo le sue opere.
Poco male, è solo la prima voce che leggo e non mi faccio scoraggiare facilmente. Passando alla B, di Alexander Von Bernus Montésinos sembra non essere riuscito a reperire la data di nascita e di morte (1880-1965). Nell’articolo di ben cinque righe dedicato a questo alchimista e noto poeta e letterato contemporaneo, assai conosciuto in Germania, di cui almeno un’opera – Alchymie und Heilkunst (1948) – ha conosciuto un’edizione francese già nel 1970 (più volte ristampata), un’edizione italiana ed una spagnola (quella italiana ha il titolo di Alchimia e Medicina, per le Edizioni Mediterranee), si apprende con stupore un tratto biografico ignoto ai più che deve aver colpito particolarmente l’altrimenti sintetico biografo. Secondo Montésinos il nostro fu infatti un montreur d’ombre chinoise. In realtà Von Bernus diresse, nell’ambito delle sue molteplici attività artistiche, lo Schwabinger Schattenspiele, un teatro dedicato proprio alle ombre cinesi, che tuttavia ci riesce difficile considerare come tappa di fondamentale importanza, focus centrale su cui concentrarsi avendo a disposizione cinque righe da dedicare all’autore. Come unica ulteriore informazione si cita il suo laboratorio di spagiria, Soluna, nell’ambito del quale, aggiungiamo noi, Von Bernus seppe mettere a frutto le proprie esperienze alchemiche ed il proprio geniale eclettismo producendo oltre una trentina di apprezzati preparati spagirici. Delle circa quattrocentocinquanta pubblicazioni letterarie, poetiche (Von Bernus pubblicò oltre una ventina di libri di poesie) ed esoteriche nell’articolo del nostro Dictionnaire non è fatta alcuna menzione, e nell’oblio cade anche il citato Alchymie und Heilkunst, le cui decine di edizioni in almeno quattro lingue non valgono, evidentemente, il rilievo appassionato dedicato alla notizia d’apertura sull’ombre chinoise.
Dopo aver scorso la voce Borri Francesco Guiseppe, nella lettera B, lo sguardo mi cade su un Bradogin (Marc Antoine), che mi appare un nome ignoto e come tale meritevole dell’attenzione del curioso. Mi ci vuole una manciata di secondi per comprendere che ci si riferisce all’avventuriero Marco Bragadin, il celebre alchimista falsario, il cui nome di battesimo Montésinos confonde evidentemente con il più noto Marcantonio Bragadin, il celebre capitano veneziano dell’Isola di Cipro morto eroicamente per mano dei turchi. Il nostro autore fa nascere questo personaggio a Candia (ovvero a Creta), tuttavia non vi è alcuna motivazione per ritenere infondato il dato biografico comunemente accettato che vede la nascita del Bragadin proprio a Cipro, la patria da cui egli fugge quando l’isola cade preda degli invasori turchi. Analogamente, dal corto articolo del Dictionnaire, apprendiamo che il truffatore aveva l’abitudine di farsi appeler comte de Mamugnaro, affermazione di cui ignoriamo la fonte, e che comunque sembra essere in relazione col vero patronimico del truffatore in questione, che, in effetti, era proprio Mamugnà (aveva assunto il cognome veneziano dell’eroe Bragadin all’atto del suo arrivo a Venezia). L’articolo conclude con la decapitazione, la cui sentenza Montésinos attribuisce ad un inesistente Guglielmo II (Bragadin era stato protetto, nell’ultima parte della sua vita, dal duca Guglielmo V di Baviera, che si limitò a non difendere il malcapitato truffatore). La data proposta dal nostro Dictionnaire è 1509, data ben strana se si considera che le prime tracce veneziane del Mamugnà risalgono a dopo il 1570, e che i documenti in nostro possesso collocano, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’esecuzione al 26 aprile 1591.
Passo alla E dove incontro Etteilla (al secolo Jean-Baptiste Alliette, l’autore delle Sept nuances de l’oeuvre philosophique-hermétique), ancora una volta presentato come ce perruquier di XVIIIe siècle… Eppure è da tempo che la favola del parrucchiere (che si trova già in Eliphas Levi) è stata smentita (al pari della professione di insegnante d’algebra che Etteilla stesso amava attribuirsi); da tempo si sa che Alliette fu dapprima commerciante di granaglie e dopo venditore di stampe, e che invece era solo l’indirizzo stampato su alcune delle sue pubblicazioni (l’indirizzo del figlio) a dare come riferimento una ben nota bottega parigina di parrucchiere.
A questo punto inizio a sentirmi preoccupato.
Decido di saltellare qua e là tra le voci, aprendo il testo a caso ed oscillando tra antico e moderno. Scopro così che il presidente Jean d’Espagnet, l’autore dell’Enchiridion physicae restitutae presidente al parlamento di Bordeaux, è divenuto un Robert d’Espagnet, le cui date di nascita e di morte divergono da quelle comunemente citate. Di Esprit Gobineau de Montluisant, invece, nessun dato biografico, dei pur pochi disponibili, viene citato, e si apprende che L’explication très curieuse des énigmes et figures hiéroglyphiques… , unica tra le opere del poeta e letterato ad essere citata, era resté dans l’ombre jusqu’à ce que Fulcanelli le cite dans Le Mistère des Cathèdrales… Tuttavia il trattatello di Esprit era stato citato e riassunto in un paio di pagine nei celebri Essais Historiques sur Paris et sur les Français di Poullain de Saint-Foix (1777), più volte ristampati nel corso del XIX secolo; e l’intero trattatello era stato riedito nel 1861 negli Annales Archéologiques di Victor Didron. Nel 1863 le Mémoires de la Société archéologique d’Eure-et-Loire avevano perfino ospitato uno scritto a firma di A. Benoit intitolato Esprit Gobineau, poète chartrain du XVII siècle. Nel 1891 era uscito il volume delle Recherches Historiques & Genealogiques che il generale Montluisant, discendente di Esprit, dedica alla sua famiglia, e che è a tutt’oggi la principale fonte di informazione sul gentilhomme chartrain. Non molto nell’ombra erano, dunque, il trattatello ed il suo autore, quando vengono citati dal Fulcanelli.
Alla voce Geber non vi è alcuna traccia dell’identificazione di Paolo di Taranto come autore della Summa Perfectionis. Le ricerche di Newmann, che già datano ad un paio di decenni fa, sono assolutamente ignorate dall’autore, e così il Geber di cui si discorre è ancora quello arabo. A malapena si ricorda che testi come la Summa Perfectionis o il Liber fornacum potrebbero essere apocrifi e risalire all’XI secolo. Peccato che Paolo di Taranto sia fiorito nel secolo XIII. Pensando alle ricerche di Newmann su Geber, mi ricordo di quelle immediatamente successive su Filalete e cerco la voce omonima. Ancora vi si sottolinea la confusione tra le opere di Thomas Vaughan (Eugenius Philalete) e Eirenaeus Philaletes – confusione che nessuno fa più da almeno trent’anni – e si liquida l’ipotesi di Starkey con l’inspiegabile sottolineatura del fatto che questi, se pure attivo in Inghilterra, era di nascita americana… la qual cosa sembra essere percepita come ostacolo invalicabile dal Montésinos.
Perplesso, continuo il mio viaggio: manca all’appello il rosacroce romano Massimiliano Palombara, che diviene però provvidenzialmente Palombra (insieme a Francesco Guiseppe Borri…) nella voce dedicata al Santinelli, cui si attribuisce, senza alcun sostegno documentale, anche la celebre ed anonima La critica della morte ovvero apologia della vita (1690) per l’occasione ribattezzata Critice della morte et apologica della vita. Del tutto assente Federico Gualdi. Ritorno perciò alla S del Santinelli, che sembra promettente, ed infatti alla pagina successiva mi attende, gloriosa, l’apoteosi, nella breve trattazione dedicata a René Schwaller de Lubicz. Qui Montésinos attribuisce all’egittologo ed esoterista alsaziano buona parte delle opere della moglie Isha, non citandone nemmeno una di quelle dovute effettivamente alla sua penna. Nessuna traccia, naturalmente, del pur complesso percorso dell’esoterista dal filo-teosofico Centre Apostolique al gruppo esoterico di Suhalia, attraverso l’azione sociale e politica dei Veilleurs.
Avevo da poco scorso la F, mi sovveniva di aver visto un breve articolo dedicato a Claude Frollo, l’alchimista di Notre-Dame de Paris; cerco così, automaticamente, una voce dedicata a Sancelrien Tourangeau, l’autore di quella Clef du Grand–Oeuvre (1777) che dovette essere tra le letture giovanili di Louis-Claude de Saint-Martin e che fornì da ispirazione per il personaggio del compare Tourangeau di Hugo, l’identità fittizia sotto cui si nascondeva il re di Francia nel suo colloquio con Frollo. Niente Sancelrien. Cerco allora Coullon Jacques-Jérôme, l’avvocato\alchimista di Amboise cui si attribuisce ormai l’opera. Niente Coullon.
Nella mia esplorazione, oltre alle notizie omesse o false, incontro una marea di assurdi refusi tipografici, che sembrano peraltro colpire di preferenza i titoli delle opere citate, in parte presentati in lingua originale ed in parte tradotti in francese.
A questo punto chiudo il volume.
Ne ho abbastanza.
È passata quasi una mezzora, la mia pausa volge al termine, e già da qualche minuto la delusione ha lasciato il posto alla serena considerazione dei mille usi alternativi cui avrei potuto destinare quella mezzora ed i 44,00 euro del prezzo di copertina del Dictionnaire. Non crediamo sinceramente che la responsabilità di questo inservibile prodotto editoriale, disutile ed inaffidabile quant’altri mai, sia da ascrivere all’autore, della cui passione per la materia e della cui sincera dedizione alla ricerca non dubitiamo. La responsabilità, di questa e di una marea di altre cose simili che riempiono il mercato editoriale internazionale, è senz’altro degli editori; e tale responsabilità è tanto maggiore quanto più essi si ammantano della livrea dello specialismo. Collane tenute in piedi senza alcun editor competente, senza un responsabile della qualità editoriale delle proposte, senza alcuna valutazione di referees realmente affidabili.
L’alchimia e l’esoterismo in genere, nello smarrimento culturale contemporaneo, esercitano il loro fascino su fette di pubblico consistente; che si tratti di un interesse storico-scientifico, sociologico, o propriamente esoterico e spirituale, il mercato editoriale delle pubblicazione sull’alchimia è abbastanza vasto da giustificare operazioni spensierate di questo tipo. Un prodotto, per quanto scadente, almeno per la prima tiratura troverà in un tempo ragionevole i suoi acquirenti in numero sufficiente da coprire le spese di stampa e da garantire un minimo di redditività all’editore, per cui non è il caso di darsi troppo pensiero per la qualità di quel che si pubblica. Peccato che, nella memoria di almeno una parte dei lettori, la percezione della qualità delle proposte editoriali rimanga associata non solo all’autore, ma anche all’editore ed alle sue scelte qualitative. I lettori accorti sono avvisati per le loro scelte future: gli editori di questo dizionario sono le Éditions de La Hutte…
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