Pagina on-Line dal 07/04/2012
I SETTE COLORI DELL’OPERA FILOSOFICO-ERMETICA;
Di cui vi prego di comunicare la lettura ai vostri amici.
prima parte
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Traduzione e note di Massimo Marra © – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.
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Quando Dio, Creatore Divino, fu, per parlare in modo figurato, arrivato al giorno che aveva predestinato alla creazione della materia, egli ordinò, e la materia fu creata.
La materia fu, affinché le forme fossero comprensibili e le proprietà effettive, per degli esseri che il Creatore non doveva creare con le proprie caratteristiche, senza numero, senza forma, senza peso né colore, e, insomma, senza essere composte.
Perché la materia fosse comprensibile agli esseri, egli fece in modo che essi stessi fossero formati di materia, e perché la materia gli fosse utile, era necessario che essa avessero raggiunto in sé il suo primo grado di perfezione, poiché le prime virtù o proprietà della materia e di tutto ciò che ne era già formato, dovevano essere il germe fisico dell’embrione umano, così come il Creatore era principio dell’anima, dello spirito e della materia.
COLORI DEI SETTE TEMPI DELL’OPERA, VISIBILI PRESSO L’AUTORE.
N°1
Dio creò la Prima Materia tale quale la si vede in questo primo vaso (1); tale, dicono i filosofi, essa doveva essere quando uscì dallo spirito del Signore, e bisognava necessariamente che fosse la più semplice possibile, racchiudente in sé ogni principio palpabile di generazione ed ogni qualità e proprietà elementare.
Questa prima materia mi sembra essere verosimilmente quel leggero muschio (2) che cresce col tempo sui vecchi tetti di paglia e sulle rovine degli edifici.
È gettando, come osservatore di rovine e come uomo, sguardi tanto distratti che accurati sulle rovine dei secoli passati e del presente, che ci si ricorda di aver visto questa specie di muffa, o meglio questo vero minerale della Natura (3) vivente, screziato di bianco, di giallo, e di verde, estremamente spongioso e messo in questo vaso senza alcun fluido, avendo esso stesso attirato quello che attualmente vi vedete.
La base di questa piccola parte della Prima Materia con la quale, lo ripetiamo con tutti i filosofi, il Signore ha creato l’universo sensibile, è, crediamo, un assemblaggio di particole della Magnetica universale, che, a misura che si sono riposate sulla pietra o sulla paglia, hanno adattato delle particole elementari al punto da formare un corpo sensibile e perfettamente rassomigliante al suddetto muschio.
Questa piccola parte di Prima Materia è dunque formata dagli atomi dello spirito universale, corporificato attraverso degli atomi elementari.
Questo Spirito universale non è, come pensano gli insensati materialisti, lo Spirito Motore, ma piuttosto, per esprimerci meglio, la sua emanazione divenuta sostanza, umidità, coagulazione, che forma uno spirito composto cui si può dare il nome di Materia Prima.
È così, abbiamo detto altrove, che il vapore che esce dall’uomo non è direttamente l’uomo, ma una emanazione che non può esistere senza di esso; e viene infine all’uomo da Dio, dalla sua saggezza, dal suo intendimento, dalla sua volontà; è il soffio, l’umidità, la corrispondenza dell’uomo completo, sano e puro, che diviene un agente universale per la conservazione della vita del bambino nel momento in cui qualche influenza maligna tende ad allontanare da lui il principio vitale; miracolo stupefacente perduto dalla rovina dell’uomo insensato.
Questo spirito Materia Prima, primo germe fisico della Natura intera, fa galleggiare e trasporta gli elementi, gli dona l’essere, li vivifica, li alimenta e corporifica.
Questi accumuli di particole magnetiche 1, ed elementate 4, hanno in sé, per il numero 2, 3 principi, ovvero sale, zolfo e mercurio; ma sottraendo lo spirito purissimo della materia 1, e mettendone da parte 2 che è l’uomo, per il quale tutto è stato reso sensibile, questo corpo di natura palpabile che vedete in questo vaso, non offrirà più realmente che il numero 7.
Se 1 il principio, ha in vista 2 l’uomo, bisogna che 2 tocchi 1, e che ne sia la parte cercata e facilmente trovata.
È, lo affermo, ascoltando i numeri che si può spiegare la natura, ma, senza dilungarci, diciamo che se 3 è più vicino ad 1 di quattro, è perché i tre Principi della Natura, sale zolfo e mercurio, danno nascita e mantengono i quattro elementi, come l’1 fa coi tre principi; e tutti questi numeri saranno dunque ben rappresentati in questo modo: 4, 3, 2, 1=10.
Se nondimeno gli uomini, tanto Filosofi che sapienti volgari, ed anche gli ignoranti, non fossero d’accordo sul numero degli elementi, diremo che questi non seguono che le forme esteriori; al posto dei quattro elementi metteremo i 4 punti cardinali dell’Universo sensibile; e piazzando al centro del 4 l’unità, i falsi sapienti in alte scienze che scrivono della saggia Magia, non diranno più, tanto ingiustamente che inettamente, che 5 è un numero abominevole.
Si, 5 è un numero abominevole quando è preso in opposizione al 5 sacro di tutti i Filosofi e della stessa natura; ma non il vero 5×10=50, porta dell’intelligenza.
Chiunque veda 4, e non si figuri l’1 raggiante al suo centro, vedrebbe anzitutto la materia priva di spirito; e chiunque, dopo il quadrilatero degli Ebrei non vede il segno di Dio nel 5, è un ignorante nelle alte scienze.
5 è il primo sacro, o primo numero sacro, e colui che lo fa cantare attraverso la legge fisica per svilirlo, è un Caldeo, e non un discepolo del Primi e Saggi Egiziani.
Quanto alla legge del suo flusso e della corrispondenza del cielo nella terra e della terra nel cielo, fino alla sua parte più alta, avendo ogni cielo la sua esaltazione, è ciò che l’autentica strada della Opera Ermetica vi rappresenta.
Se vi ho indicato la Materia Prima ed i due luoghi principali in cui la potete trovare, poiché essa ivi si accumula senza torbidezze, ricordatevi che è ancora infintamente più pura nell’uomo, come ha detto il buono e sapientissimo Morieno al re Calid: «Re, tu hai tutto in te, perché l’occhio di Dio si compiace su di te, ed il suo dito ti tocca direttamente fin nelle reni» (4).
Figli dell’Arte Ermetica, che queste parole del virtuoso Morieno non vi fuorviino; il suo intento, basato sulla verità, non è mai stato di gettarvi nell’errore.
Se voi impiegate altra cosa che la cosa unica, non riuscirete; è il parere di tutti gli adepti.
Quante sciocchezze dicono coloro che non intendono Morieno e gli altri filosofi!
Quanto centomila volte più smarriti sono quelli che sostengono nere idee tratte dai baratri infernali dove il loro spirito si compiace di viaggiare! Essi non sono semplici vittime di un’ignoranza grossolana; non hanno succhiato il latte dei porci; peggio, sono dei mostri già legati sulla perpetua pira.
Uno di questi uomini abominevoli mi ha fatto fremere, e bisogna dire, cadere riverso; che dire se lo si punisse con la morte? Egli la meriterebbe.
Egli faceva scorrere il più sottile veleno nell’animo del debole, verosimiglianze perfide, avvolto dal mantello che aveva rubato alla verità, egli offriva la menzogna come se fosse stata quella virtù, la Verità, così cara e sacra per tutti gli uomini, perfino per i briganti.
Il fiore, il vetriolo, il sale comune, l’urina, la saliva, la rugiada, la cenere, il carbone, ed infine le numerose cose di cui ha parlato il Filosofo Sconosciuto (5) (per burlarsi di un’assemblea di falsi filosofi che, ciascuno nel proprio intento, non erano che dei veri folli al riguardo della conoscenza della cosa unica) [1], non sono da disprezzarsi, poiché tutto, in Natura, è impregnato di questa cosa divina.
Si, con tutto voi potrete operare cose sorprendenti, conducendo ciò che impiegate con intelligenza; ma che in tutto voi troviate la Medicina Universale e la Povere di Proiezione, ciò è altra cosa.
La materia non è che una, è la natura che la dona; e se Dio o un amico, hanno detto i Filosofi, non ve la rivelano, perderete il vostro tempo, e così pure, ingiustamente, il vostro denaro, poiché essa non costa un soldo (6).
Perché dei sei o settemila discepoli del grande Hermes che sono al momento a Parigi, mio Padre (per esprimermi alla maniera di questo saggio) non guarda con occhio benigno che, tutt’al più, mille? Non credono forse di essere tutti nella vera strada del triplice Arcano?
Noi passiamo invece tutti sul ponte che la nasconde; ciascun soggetto che impieghiamo è tinto dallo spirito universale, e noi vediamo come l’hanno utilizzato i Saggi; ma minimum ne crede colori, non vi rapportate troppo ai colori; i Saggi hanno visto bene e voi potete veder male; c’è bisogno di più che delle apparenze.
Avendo in vostra mano la Materia prima bisogna prontamente metterla in un piccolo vaso e sigillarla ermeticamente; ma perché lo spirito universale non ne scappi, ponete il vostro muschio su di un magnete (7).
Anche questo magnete è un mistero che vado ora a svelare.
Il magnete non è altro che un aceto dolce come latte; e senza voler giocare da Filosofo, né moltiplicare le parole, è un vinello aspro composto di zolfo e di mercurio già uniti ed in amicizia; ce ne vuole poco e non costa nulla, poiché costa per il solo vaso, che non è di necessità un’opera di vetro, perché ai tempi di Hermes non c’era il vetro inglese, e neanche gli stessi inglesi, non più che i francesi.
Questo zolfo e questo mercurio sono in amicizia con lo zolfo ed il mercurio del vostro piccolo muschio, ed allora lo spirito universale non si accorgerà volentieri che gli è stato cambiato posto (8).
In questo stato, voi procederete tranquillamente con la cosa unica, senza tema di sventure (9), e mezza oncia per un uomo solo è sufficiente per mille anni; così prendetevi gioco dell’ignorante che dice di averne portato da Londra cinquanta libbre; essa è in ogni luogo, e l’opera si compie in ogni tempo, benché il solitario preferisca il Sagittario e l’Ariete, come la Bilancia è preferita dal cavaliere.
Cominciamo l’Opera.
La Materia Prima, messa in un piccolo vaso o in un bicchiere e ben adattata con un po’ di mercurio e di zolfo uniti, sarà arrossata di zolfo e mercurio non uniti.
Il combattimento che avviene allora sorpassa tutto ciò che se ne è potuto scrivere; ma la pace rinasce dal trionfo di uno dei due, ed essi divengono amici in un tempo maggiore o minore a seconda dell’abilità dell’Artista: 7, 14 o 21 giorni.
Quando saranno uniti, metterete il sale (che non è veramente salato) ed allora il combattimento diverrà cento volte più violento; ma, cosa ammirevole, lo spirito universale vi si compiace più che mai, e per aiutare i combattenti, pompa il fluido che si avvicina al vaso; ma siccome questo fluido elementare non è affatto puro (ma forse non è questa la ragione) non si vedono nel vaso che cose ripugnanti, di cui parlerò al secondo colore: infine, finito il combattimento, tutto è estenuato di fatica, e l’opera, in questo stato, rassomiglia alla menzogna degli ignoranti, tanto è ributtante a vedersi; essa è tuttavia migliore a possedersi, perché i numeri 4 e 3 sono già sottratti, e non resta che la perfetta unità.
Vi sono differenti strade, si, perché io estraggo dal giardino dell’Eden il sale, lo zolfo ed il mercurio, e non vedo più il giardino; ma seguite la strada che indico, e non dite che nascondo qualche cosa, perché voi potrete confermare ogni cosa anche attraverso l’aspetto del mio procedimento.
Io non nascondo nulla, perché nel poco che faccio, amo imitare il nostro cabalista il signor Saint German (10), vero ed unico autore del Filalete.
Il sale, lo zolfo ed il mercurio si estraggono dalla materia prima, o si traggono dalla Natura stessa per mezzo di un magnete, ed io vi ho spiegato letteralmente questo magnete, che si trova in ogni luogo.
Se non mettete in azione questo muschio, esso non sarà mai in atto come lo è in voi; ma, nel nome della verità, su più di cento che mi hanno detto di conoscerlo, non ne ho incontrato che uno solo che dicesse il vero; perché, ancorché non sia un adepto, io conosco la vera materia.
N° II.
Quando il combattimento è finito, nel volgere di 21 e 31 giorni, il che al massimo fa 52 giorni, quale stupore! Un chaos, una cloaca nera, oleosa, una materia nascosta che getta una esalazione insopportabile.
Si, un liquido obbrobrioso che puoi racchiudere in un contenitore di vetro, o meglio far cadere goccia a goccia su una piccola griglia fatta di fiammiferi costruita su quattro spilli sul fondo del tuo secondo vaso.
Il tuo liquore, o questo mostro, si coagulerà cadendo, e, dopo più o meno tempo (da sei settimane a sette mesi) essendo giunto al nero più nero, il tuo spirito di Plutone perderà la sua rabbia insieme alle sue forze, si spoglierà della sua pelle e fuggirà in spirito, portando con sé tutto il suo veleno.
La sua pelle ti resterà e servirà da alimento ad animali di ogni natura, tutti orridi. Essi finiranno tutti male, perché nati dalla carne e non dallo spirito; allora l’opera si offrirà a te tale quale la vedi, nera, solcata di color rosso legno e tinta di grasso verde.
Lascia riposare l’opera, la quale, avendo assai sofferto, domanda requie; la considererai ben condotta quando pomperà il fluido, e dal suo ventre cadrà un liquore verde.
A questo punto è tempo di tagliargli le ali, perché attraverso le sue lacrime essa si disseccherebbe. Cambiala di vaso, senza capovolgerla, su di una nuova griglia.
N°III.
All’istante prenderà il bianco ed il verde, ed il verde sarà permanente, e la tua opera sboccerà.
N°IV.
Quando tu la vedrai cambiare di colore e lasciare il verde prato per prendere il bianco, il grigio-verde ed il giallo, sarai rapito; perché allora riconoscerai le grandi verità dei Filosofi.
Si, tutto ciò ti sembrerà fenomenale e grande.
N° V.
Dal numero III, fino al n° VI compreso, non si cambia vaso. Qui la Natura comincia, nella tua opera, ad essere perfezionata; in questa imitazione della natura c’è l’avvenire più bello che tu possa aver mai immaginato.
La freschezza, i colori, gli alterni movimenti, tutto si prepara a mostrarti le quattro Stagioni dal clima perfettamente appropriato.
N° VI.
In questo sesto vaso c’è l’intera ruota dello Zodiaco; dieci volumi non sarebbero sufficienti a descrivere tutto ciò che vi avviene; l’attenzione stessa che bisognerebbe avere per rendere l’ordine delle operazioni della Natura, domanderebbe del tempo, della pazienza e ben altra penna; dirò dunque semplicemente che in queste quattro Stagioni si vede la Natura svilupparsi passo a passo con lo stesso ordine e lo stesso rapporto di tempo, vale a dire di uno a quattro.
Vi si vedono il sole, la luna, le stelle, le nubi, il tuono, la pioggia, la rugiada, la bruma, il ghiaccio, la neve, le montagne, gli antri, i vulcani, le vallate, le foreste, i frutteti, le campagne, i pascoli, i mari, le sorgenti, i fiumi, i laghi, i ruscelli, gli alberi, i fiori, i frutti, i metalli i minerali, le pietre fine, gli animali; i pesci vi nuotano, gli uccelli vi volano, e lo spirito dell’uomo ne copre la superficie; oh uomo! tu non sai chi sei.
N° VII.
In verità, dopo la fine dell’inverno della tua opera, hai dovuto mettere la tua materia in un nuovo vaso. Essa non è più che un chaos in perfetto riposo; tu hai dovuto ridurla leggermente in forma cilindrica di 1 su 2; tale tu la vedi prima seccata e poi spinta in un bagno in cui la vedrai rinfrescata senza che sia bagnata né soffocata.
Vedrai che essa prenderà un nuovo manto, colorato di tutti i colori più vividi, ed in seguito si spoglierà di tale manto.
Allora sarà pietra grigio-bianca, e sarà così solida che né il tuo peso né la forza delle tue dita potrà farle cambiare forma.
Prendi allora il fuoco dei Saggi, che altri chiamano il loro doppio mercurio; posta in esso, la tua pietra diverrà molle ed in seguito si dissolverà, si dice, diventando un olio trasparente, odorifero; al fondo del tuo vaso troverai il suo corpo che è una polvere al bianco che, in seguito, tu condurrai a rosso.
Ho detto si dice perché io non sono ancora andato oltre la pietra al grigio-bianco, che, senza altra preparazione, tinge il ferro in un rame che si assicura essere vero rame. Così finisce il settimo colore.
Ho descritto in tutta verità la via che seguo; io la credo vera, ma non credo sia la sola; non così per quanto riguarda la prima materia, di cui non ce ne possono essere due, e che mostrerò senza farne mistero a chiunque sia curioso di vederla, fino a quando sarò impegnato nel perfezionamento dell’opera (11).
Affinché tu sappia di possedere veramente il muschio che ti ho indicato, ti dirò che una volta tolto dal luogo in cui ha preso forma, dopo averlo fissato nel tuo primo vaso coperto con un vetro piatto, esso attirerà dell’umidità proporzionale al suo peso.
In un secondo tempo attirerà, in tutti i tuoi vasi, dell’umidità fino a, più o meno, un quarto di poisson [2], misura di Parigi.
Come terza cosa, sappi che nel tuo sesto vaso l’acqua che ci sarà non bagnerà le dita, ma al tocco darà proprio l’impressione del mercurio.
In quarto luogo, l’inverno del tuo sesto vaso sarà totale quando la tua materia sarà senza umidità, e tu te ne accorgerai allorquando la tua materia, con un ultimo sforzo, pomperà più fluido di quanto non abbia fatto in precedenza. Resta ancora poco da dire.
Molte persone, fresche della lettura dei filosofi, diranno che, ammesso che io li abbia letti, mi sottometto ben poco al loro linguaggio. Rispondo che, avendo visto cento buone opere sulla filosofia ermetica, e soprattutto il Libro di Thot, il Pimandro di Hermes, il Cosmopolita ed il Filalete, non ho dedicato la mia memoria a delle parole o a procedimenti diversi che conducono allo stesso fine.
Senza orgoglio alcuno affermo che non uno dei grand’Uomini, può mostrare, nelle proprie opere, (12) i movimenti e gli effetti perpetui, annuali e giornalieri, della Natura; e non sotto finzione, come molti giovani discepoli, ma nella realtà, vale a dire quando la natura si agita, il vulcani si spalancano, gli alberi escono dalla terra e vi prosperano finché li si abbatte, e tutto ciò che ho detto al capo VI.
Si può allo stesso modo essere certi che ho trascurato, in questo capo VI e negli altri, più di mille e mille bellezze che meravigliano tutti coloro che giornalmente vengono da me a vedere i colori effimeri della mia opera.
Se dunque, zelante appassionato della nostra Scienza, io dovessi fallire (13) – il che io non penso – ciò non mi sarebbe mai occasione di parlare contro questa sublime branca della saggia Cabala; e se tu lo facessi, all’inverso, passeresti, ancor più a ragione di me, per un indiscreto di fronte agli uomini istruiti ed a tutti coloro che meritano d’esserlo.
Lo studio della Filosofia Ermetica è, come quello della divinazione, sempre scienza naturale, poiché io non intendo parlare mai di ciò che è al di sopra o al di sotto dello spirito o del cuore umano.
In generale lo studio di ogni scienza non è il possesso di essa, ma il gettare progressivamente le prime luci, più o meno forti, fino al punto da impossessarsene, e da coltivarla allora da Maestro, ovvero senza alcun altro bisogno.
Non è da Maestro che io scrivo delle Alte Scienze, ma piuttosto da Discepolo, sebbene discepolo avanzato, che insegna le prime direttive precise per realizzare delle operazioni cabalistiche e che, per testimoniarle sicuramente, opera pubblicamente, a volte in una branca a volte in un’altra. Si volevano dei fatti, ed io ne fornisco continuamente.
Trenta anni di studi – e ben presto potrò dire quaranta – mi hanno reso possessore delle prime chiavi della Magia Pratica e Teorica dei Primi Egiziani, ed io le offro con piacere in opere come queste:
La Philosophie des Hautes Sciences, 5 vol. avec figures, 7 lire e 10 soldi.
Le livre de Thot, che va con 78 figure, 3 lire e 12 soldi.
La Cartomancie Françoise, ou l’Art de tirer les Cartes, terza edizione, 3 lire.
Le Jeu de Cartes che facilita la comprensione di quest’opera, 1 lira e 10 soldi.
L’indicateur du Chemin de la Fortune (14), 1 lira e 4 soldi.
Apperçu sur la Cartomancie, par un Eleve de l’Auteur, gratis.
Il presente piccolo quaderno, gratis.
Vi sono diverse altre opere, come Le zodiaque Mystérieux, 1772, ma esaurite e veramente rare; io non le includo nei fondi in mio possesso, tra i quali diversi stanno per esaurirsi.
Attraverso le mie opere la Società [3] è abbastanza istruita del tipo di occupazioni e di studi che io ho perseguito e sui quali, come suo membro, io sono pronto ad aiutarla condividendone le fatiche ed offrendogli degli svaghi; così, persuasa dai miei poveri scritti che, fin dalla sua nascita, ho preso su di me tanto con zelo che laboriosità la mia parte del peso stupefacente di cui, per sua propria ventura, essa si è incaricata e liberamente impegnata di portare, non si adirerà di vedermi qui rievocare il secondo listino delle mie spettanze, ipotecate su quelle dei suoi membri curiosi di gustare liberamente il frutto delle Alte Scienze.
Senza volere oggi cercare qualche distico negli autori greci o latini che proverebbe che è permesso ad un uomo di Scienza il vendere il suo tempo come lo è ad un mercante delle Sei Corporazioni [4] vendere la sua stoffa, dirò senza forzati giri di parole, che ciò che non ha valore non viene compreso.
quando mi si vuol scrivere o parlarmi a viva voce di alte scienze, per il tempo che debbo dedicarvi a rispondere | 3 lire |
Se si vogliono avere lezioni di saggia magia pratica | 3 lire |
Per l’oroscopo (15) | 50 lire |
Per fare le carte (16) | 24 lire |
Per consultarmi dopo l’oroscopo o dopo aver fatto le carte | 3 lire |
Per darmi da risolvere qualche questione senza prima avermici fatto lavorare (17) | 6 lire |
Per avere il nome del proprio Genio, la sua natura, le sue qualità, la sua potenza in relazione alla vita umana, per sapere di qual elemento esso sia, di qual regione sia obbligato ad aver cura etc. | 12 lire |
Per spiegare un sogno | 6 lire |
Per farsi fare un talismano ed avere per iscritto le sue proprietà così come il suo Genio etc., da 8 fino a dieci luigi, a seconda delle proprietà che si desiderano e delle difficoltà del lavoro. | |
Per essere il medico dello spirito di una persona, vale a dire senza rimedi morali né fisici, condurla a pieno riposo, o, il che è uguale, essere il suo indovino perpetuo, ogni mese (18) | 30 lire |
Tutti questi prezzi non sono né nuovi né gonfiati; già dalla mia prima opera, 1757, si può vedere ciò che io prendo, e così, a misura che sono cresciuto in scienza, non lo sono cresciuto nei prezzi: aprite le mie opere e voi li troverete sempre uguali a quelli che ho creduto di dover riassumere qui.
Ci resta ora l’ultimo tocco da maestro.
Far marciare o volare in aria questo quaderno non appartiene al dominio delle Alte Scienze, che non si occupano di Magia bianca o Magia nera, ma dello studio della Natura.
La Magia bianca appartiene a colui che vuol sedurre ed a colui che vuol essere sedotto senza essere in realtà ingannato, poiché essa non è che questione di giochi di mano, non pensati per divertire un uomo per tutta la vita, ma per ricrearlo di tanto in tanto, e soprattutto nella prima giovinezza.
La Magia nera (vera o falsa che sia, io la dico autentica, ma impropriamente denominata magia come l’altra, se ci si riferisce al vero termine) non è altro che la Magia che costituisce la qualità del Mago, Magus, Magi. È dunque questa alla quale bisogna riferirci, la sola alla quale io mi sia interamente dedicato dall’età di quattordici anni, e potrei anzi dire dagli undici, fatta eccezione per il fatto che allora non ne conoscevo la via; il mio cattivo genio mi faceva sovente pendere a destra e a manca tra le sedicenti magie bianche e nere.
La mia Magia non è altra da quella che ha seguito Swedemborg, uomo sapientissimo ed assai saggio, ma che, non ben compreso, ha fatto nascere da molti dei suoi lettori degli estatici che, nell’eccesso della loro virtù, hanno sempre in bocca una rivoluzione generale del Globo, una rivelazione nuova, senza pensare che essi cadono nella trappola di diversi profeti Ebrei che, per aver predetto ciò che Dio non gli aveva ordinato, hanno visto quelle parti delle loro profezie generali non compiersi.
Io voglio divinare, vedere in qual maniera gli eventi della vita umana si susseguono come necessità, seguendo i tempi, i luoghi e le genti.
Voglio divenire Filosofo Ermetico, e cerco di sviluppare nella Natura ciò che è senza misture e nel suo stato primitivo, etc. etc..
Colui che testimonia che le scienze denominate Alte Scienze sono chimere è un ignorante matricolato che arresta il progresso delle nostre conoscenze, che mai cerca di vincere i falsi pregiudizi, che non ha nessuna idea del fatto che le scienze volgari non sono altro che il frutto delle ricerche nelle Alte Scienze; costui vorrebbe che l’uomo fosse rinserrato nella sfera dei suoi lumi, ed è infine un ignorante che, contro il più grande assioma filosofico, vuole che ciò che egli non sa e non concepisce, venga reputato uno zero.
RIEMPIMENTO.
Prego la Società [5] di riflettere che, malgrado i pregiudizi e, un tempo, le persecuzioni, sono sempre esistiti degli uomini indovini che, come in tutte le scienze e le arti, sono stati più o meno sapienti.
Gli prego inoltre di esaminare anche il fatto che i tempi in cui i popoli hanno fatto la guerra al genio dell’uomo ed alle scienze astratte, come ad esempio presso i Romani all’epoca della decadenza dell’Impero, sono ormai bollate presso tutti gli europei, così come dagli storici, come i tempi della più crassa ignoranza sotto tutte le forme, perfino le più mostruose.
Oggi, come conseguenza della ragione, si lascia sbocciare il Genio che ci ha formato, ma nello stesso tempo si tratta tutto ciò che non è palpabile come una cittadella alla stregua di chimera, e chi se ne occupa come uomini esaltati.
Perché la divinazione fosse guardata come chimerica, bisognerebbe dimostrare che è impossibile che esista una tale scienza, e provare che alcun pronostico si è mai avverato; ma ciò che non è dimostrato anti-assioma, non può essere reputato impossibile. Dunque la divinazione può essere reputata una scienza del tutto naturale che si riduce a quattro prime regole numeriche ed a qualche equazione.
Prima di ripudiare i Filosofi-indovini, bisognerebbe che la Società indicasse ai suoi Membri altri Medici dello spirito, e bisognerebbe, diciamo oggi, che coloro che hanno appreso a loro spese che vi sono pochi veri amici, sapessero dove sia un Indovino che li possa consigliare e consolarli a prezzo di denaro: «Solo, abbandonato a me stesso, pieno di preoccupazioni, prostrato dai dispiaceri, avvolto da disperazione e da sete di vendetta, mi toglierete la consolazione di domandare consiglio ad un uomo che, malgrado il vostro disprezzo contro la sua scienza e lui stesso, è invocato da mille e mille persone per riportare la calma e dissipare il nero raccapricciante che vuole sommergermi? Società, siate imparziale: Membro delle vostre corporazioni, io domando per quest’Uomo unico più libertà, più agio, e che possa creare degli allievi per i nostri discendenti».
Non è confondendo l’uomo virtuoso e sapiente con il vizioso ed ignorante che si sarà portati a credere che la Società ha perpetuamente bisogno di un indovino per addolcire e calmare i dolori di uno dei suoi membri bistrattato dalla fortuna, molestato dalle sue passioni, tradito dai suoi simili e perpetuamente tormentato da uno spirito triste che, se non rimesso in equilibrio, crescerà fino a spingerlo al suicidio. Leggete pag. 156, tomo secondo della Philosophie des Haute Sciences.
Coloro che parlano contro la divinazione cantano e fischiettano nella casa altrui, e non possono immaginarsi che così facendo attaccano lo spirito di preveggenza; che, combattendolo, essi lasciano un passaggio alla sedicente predestinazione, e che essi, infine, aprono l’accesso al materialismo.
Fin tanto che gli uomini, allorquando vorranno consultare un Filosofo Indovino o un medico dello spirito, si nasconderanno agli occhi della società, noi saremo portati a credere che la società non ha una giusta idea della rarità dei Maghi e della stregoneria, poiché il timore di alcuni dei suoi membri di esser visto entrare da Etteilla, denota ciò che ancora resta dell’ignoranza dei nostri Padri ed ancor più della nostra, nel rifiutare a certi uomini dei mezzi che noi non sospettiamo neppure, per leggere del tutto semplicemente i risultati dalle cause e dagli effetti.
Per i differenti prezzi che io richiedo a seconda del lavoro che mi è assegnato, il curioso deve ancora ammettere la possibilità che io non riesca.
Il ritrattista che ha la Natura sotto gli occhi, a volte manca la rassomiglianza; a maggior ragione colui che non ha che la memoria di aver visto una galleria in cui i quadri sono gli uni sugli altri, e che per dirigersi è obbligato ad osservare cento regole algebriche, può qualche volta essere a più di mille leghe dal suo soggetto; ma bisogna ritornare alla carica invece di sparlare delle alte Scienze, che non sono responsabili delle debolezze dei loro professori.
La divinazione, scienza naturale, oggetto di riflessione, di combinazione e calcolo non può né deve essere appresa da tutti, perché non si può essere indovino senza essere dotto, e non è possibile essere veramente dotto senza essere saggio.
Termino quasi sempre col dire a tutti gli uomini che una delle più grandi sfortune per ciascuno di essi è di essere forzati ad emettere un giudizio definitivo.
Ho un po’ abbreviato la descrizione della mia Opera Ermetica, poiché è possibile vederla presso di me (Hôte de Crillon, rue de la Verrerie, di fronte a quella de la Poterie), e perché voglio ora far seguire l’operetta che ha per titolo l’Obolo del Povero [6].
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NOTE DELL’AUTORE:
(1) Alcun cambiamento avviene nei principi; tale fu la prima materia e tale deve essere oggi; e non è orgoglio il dire: «eccola in questo vaso», ma una testimonianza della stabilità dei principi primitivi e delle luci della filosofia, che non permettono che si cerchi Dio in sé stesso, ma attraverso le sue opere.
(2) Una prova. In questo primo vaso si vede nascere e vivere la prima Famiglia della materia, lo Scarabeo elementare, successivamente semplice, an-tri-quarto-fibio.
(3) È il minerale o germe dell’oro che bisogna lavorare, e non l’oro, perché l’oro alla sua maturità non può dare che ciò che ha presto, e non ha preso che ciò che gli era sufficiente.
(4) Questa verità è applicabile a tutti gli uomini.
(5) Presso Laurent d’Houry, libraio-stampatore, rue Haute-feuille.
(6) Nel mese di giugno scorso, il Signor Conte di …., Signore italiano, venne a vedere la mia opera, e, quando la vide, non esitò a confidarmi un procedimento che gli era già costato 40 mila lire, e che ancora gliene sarebbe costato, in futuro, duemila scudi. Gli provai, in maniera chiara come il giorno, che il suo istruttore lo portava verso la rovina; gli provai che il procedimento in questione non avrebbe portato che all’esplosione del vaso, fosse esso anche cento volte più duro e più tenace dell’acciaio; che il suo operatore non era in buona fede ma un furbo briccone, e che lui stesso meritava di essere ingannato, non aspirando ad altro che a nuotare nella salute e nell’oro. Lo resi saggio, ma al contempo ingrato, non tenendo egli conto dell’ora che io sacrificai per conservargli reputazione e fortuna; 3 lire era il prezzo del mio tempo, ed io ebbi la forza o la debolezza di non chiedergliele.
(7) Vi sono diversi magneti, e sono presi sovente per la Prima Materia. Si possono impiegare molti fermenti, ma la Materia non è che una. Ho visto dei fermenti che mi hanno meravigliato ed altri che mi hanno ingannato.
(8) In un vaso il fluido che pompa la materia si ammassa al fondo fino al peso stesso della materia.
(9) Ho visto un bravo pellegrino che, mostrandomela, mi disse che era dell’erbetta che egli aveva preso sulla tomba di un Santo. Io gli dissi: dite piuttosto sul letto di una Santa.
(10) Il signor Conte di Saint German, il vero cabalista, non è affatto morto, lo è piuttosto il signor Saint German, il chimico. Leggete le mie opere, e soprattutto l’Epitre che ho indirizzato al fu signor de Gébelin quando era ancora vivente, il primo gennaio 1784. Perché, dico io, su questo tema credete più ad un giornalista che ad Etteilla, vero discepolo del Signor di Saint German da quasi venti anni?
Allorquando ho detto, il primo gennaio 1748, nella citata lettera al signor de Gébelin, che il mio maestro sarebbe stato a Parigi dal 20 al 21 luglio, si è detto: «No! egli è morto». Quando il giornalista ha detto che era appena morto, si è invece detto: «Ah! Ah!, dunque non era morto!». No, non lo era e non lo è ancora, e dovrà essere a Parigi nel 1787, o, al più tardi, nel 1788, e per riconoscerlo, vedetene il ritratto sorprendente inciso dal signor Thomas e dedicato al fu signor Conte de Milly.
(11) I veri curiosi della Grande Opera, come quelli che vengono da me a seguire le variazioni del mio lavoro, in luogo di dare giornalmente 3 lire, preferiscono divenire miei convittori al costo di 30 lire al mese: il che li facilita nel portare come ospite tanto uno studioso che un appassionato.
(12) Non so se è per un dono o unicamente grazie alla mia debole scienza che io giudico giustamente tra l’uomo che cerca invano e quello che può sperare. Voi che mi leggete, diventate come me. Se l’uomo che vi parla di alte scienze vi descrive la virtù senza le sue opere, affermate che egli non riuscirà mai. Se al contrario egli descrive le opere della virtù per rappresentarvi questa emanazione della Saggezza, siate per lo meno portati a credere che, quando busserà, gli sarà aperto.
(13) Il desiderio di vivere a lungo e di aver molto oro, dicono gli ignoranti, costituisce tutta la credulità degli uni e la sfrontatezza degli altri. Vi sono, è vero, degli uomini creduli che, sebbene siano stati o siano ancora viziosi, si persuadono che troveranno, o che gli sarà data la Medicina Universale ed abbondanza d’oro; essi sono in errore, e solo i bricconi possono alimentare le loro speranze su tali belle promesse. Tuttavia non è perciò meno vero che la saggia Pietra non è una chimera, e che quand’anche io morissi senza arrivare a possederla, non per questo la sua esistenza sarebbe meno certa.
(14) Tutto deve essere interessante per gli uomini, nel momento in cui la Natura, in una delle sue millenarie effervescenze periodiche, sembra aiutarli ad intendere i limiti delle loro conoscenze. Per mettere in luce gli oggetti anche più impercettibili, stiamo per copiare parola per parola la lettera che abbiamo scritto nei primi giorni del Novembre 1875, ricopiata in bella, datata e spedita il 12 ai signori autori e redattori del Journal de Paris; lettera che, come si vedrà, avevamo previsto non poter essere ospitata nel giornale, sia per il suo genere che, soprattutto, per la sua estensione.
Possiamo qui correggere diverse cose; ma i Signori Redattori del Journal saranno garanti che abbiamo lasciato sussistere interamente tutte le debolezze che il loro giudizio e la loro esperienza di lettori potevano avergli suggerito; noi li ripetiamo in buona fede, non essendo né Grammatici né Puristi.
Ci resta da dire che crediamo che manchi un giornale che non si occupi altro che di Alte Scienze (il Journal de Paris n° 342, dell’8 dicembre 1785, offre due testimonianze che appoggiano la nostra idea); se esistesse, credo che tutti coloro che si occupano di tali materie fornirebbero dei fatti particolari utili tanto alle Arti ed alle Scienze che all’umanità; per convincersene non vi sarebbe che gettare lo sguardo sulle scoperte dei nostri Filosofi, e su quelle che aleggiano ancora oggi nelle opere di coloro che scrivono delle Alte Scienze.
È vero, diciamo al medesimo tempo, che bisognerebbe che gli autori di questo Giornale non fossero dei semplici uomini di lettere, né tantomeno coloro che chiamiamo dei sapienti universali; bisognerebbe piuttosto che a queste belle qualità di uomini di spirito, di genio o di scienza, essi unissero almeno qualche chiave della saggia cabala, come la Scienza dei Numeri, o la Divinazione, l’Ermetica, la Talismanica, i Geni etc.
LETTERA
Signori, il vostro giornale ha per fine l’utile, lo so, ma scopro nel contempo che non ne escludete il piacevole.
Ho avuto l’onore di scrivervi (credo verso la fine di febbraio scorso) che, seguendo la concatenazione della vita di diverse persone, avevo dato a tre di loro, nelle due stampe che precedevano la mia lettera, ad una un ambo, all’altra un terno ed all’altra ancora una quaterna. Non conoscendo affatto queste persone, e supponendo che esse avessero fatto profitto delle mie combinazioni numeriche cabalistiche, io le pregavo (in uno dei numeri del vostro giornale) di donare agli ottuagenari ciò che la loro buona volontà e la loro riconoscenza avrebbero avuto intenzione di indirizzare a me.
Non è mia intenzione, Signori, di pregarvi di dare del tono alle Alte Scienze; direi più, supponendo, come di costume, che voi mettiate la mia Lettera tra gli scarti con le quattro precedenti che vi ho inviato negli ultimi anni, poiché ho avuto sempre in vista le Alte Scienze, che io mi figuro le mie Lettere in mano vostra pubblicate nel vostro giornale.
Il dieci settembre scorso, pronto alla pubblicazione del mio Indicateur du Chemin de la Fortune, per mio zelo, e secondo la legge, lo inviai successivamente, il 12, 13, 14 e 15, alle persone che presiedono all’esame delle opere di letteratura; in seguito lo inviai a dieci benefattori, appassionati e amici, ed infine, per rendere l’opera nota al pubblico, a dieci mercanti di stampe che esponevano sui viali ed il lungofiume.
Il mio Indicateur riporta, signori, la mia offerta del mezzo di trovare i numeri della fortuna in uscita, e per provarlo, io dò la regola da seguire e ne fornisco la prova prima e dopo l’estrazione attraverso il terzo lato cercato, poiché, avendo dato sei numeri: 76, 64, 15, 12, 81 e 47, io considero per conosciuti i due lati 76 e 64, il cui terzo lato che chiude il triangolo è 15; per la seconda operazione, avendo per lati conosciuti 12 ed 81, abbiamo necessariamente 47, il che fu realizzato dall’estrazione seguente. (*)
Di bene in meglio… Nic.
Ecco signori, un tratto così sorprendente che la Catena delle sorti ha fatto nascere, e se non ho dei testimoni particolari tanto rispettabili da citare, non potendo offrire che i nomi di qualche amico ed allievo, per rispondere a questa mancanza, vi offro il nome della società in generale.
Nel 1785, nel mese di marzo, ho dato per le estrazioni dell’anno sette numeri, 1, 51, 14, 59, 75, 60, 10, che secondo i principi dei primi Egiziani, dovevano nella sorte legarsi amorosamente; nello stesso anno nella prima estrazione di novembre, sono usciti 1, 75, 60 e 30, il che costituisce una bella quaterna sui sette numeri dati; a questo proposito vi prego di consultare, signori, pag. 35 del quarto quaderno della Philosophie des Hautes Sciences, a Parigi presso l’autore e presso i librai; parleremo ben presto della cinquina. Mi atteggio anche, signori, in questa stessa opera, un po’ ad adepto (è ciò mi è permesso dopo 33 anni di studi e di lavoro di mago); il fatto è che, in verità, io credo in buona fede che non morirò senza provare a tutta Europa che la Medicina Universale, così come la trasmutazione del rame in oro etc., non sono delle chimere per gli uomini sensati; ne ho appena più che la metà della prova presso di me, e vi prego di venire a vederla così come di credermi con rispetto,
Signori, Vostro umilissimo ed obbedientissimo servitore
Il buon credulo Etteilla.
Parigi, 12 novembre 1785
RIFLESSIONI PRESENTI SULLA MIA LETTERA.
Io non ho azzardato, né azzardo con le mie parole, che ho voluto indovinare dei numeri, e che effettivamente vi sono riuscito, poiché chiunque potrebbe dire che, se io avessi questo talento, sarebbe inutile che facessi l’astrologo.
No, io non ho il talento di trovare i numeri fortunati che devono uscire, e se l’avessi, sarei abbastanza agiato ed abbastanza Cittadino da non disturbare alcun ordine; ma poiché mi sono permesso di dire che ciò che sembra impossibile a molti non sembra che difficile ad un piccolo numero, sono a questo punto.
Io ho fatto uscire l’Indicateur pubblicandolo diversi giorni prima dell’estrazione, ed ho creduto dover provare che esso non era fabbricato come lo sono le combinazioni stampate in certi piccoli almanacchi, e vi sono riuscito.
Se non avete sotto gli occhi le opere di cui vi parlo, non potete che riferirvi a ciò che ciò che dico, il che non è sufficiente per operare in maniera giusta come me.
(15) – (16) Senza che sia necessario che vi veda, con il denaro inviatemi: 1°. Il giorno e l’anno della vostra nascita; 2°. Le prime lettere del nome che vi hanno dato il vostro padrino o la vostra madrina; 3°. Il numero che amate; 4°. Il colore per il quale provate maggior inclinazione; Comunicherò allora per quando bisognerà venire a ritirare il mio lavoro.
(17) La stessa cosa, ma in più scrivete o fate a viva voce le vostre domande.
(18) Diversi tra i miei malati che hanno il ghiribizzo di non pagarmi che 24 lire, sono prevenuti del fatto che i loro eredi dovranno rendermi conto della differenza.
NOTE ALLA NOTA 14:
(*) n. b. Il pubblico ha riconosciuto la mia combinazione, perché il giorno dell’estrazione ed i giorni seguenti, io ho venduto circa cento esemplari del libro.
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NOTE DEL CURATORE:
[1] Il riferimento è al terzo libro dell’opera di Jean Albert Belin (1610-1677), Le aventures du Philosophe Inconnu en la recherche et l’invention de la pierre philosophale, uscito per la prima volta a Parigi nel 1646 per i tipi di Etienne Danguy e ristampato nel 1674, sempre a Parigi, da Jacques de Laize-de-Breches. Tuttavia Alliette segnala in nota l’editore libraio Laurent d’Houry, e dunque potrebbe probabilmente trattarsi della terza ristampa del testo, uscita senza indicazione di editore e di luogo di stampa nel 1709.
[2] Un Poisson era un ottavo di pinta, ossia l’equivalente di 11,9018 centilitri.
[3] Si allude qui alla società civile parigina in generale, e non, come il lettore addentro alla biografia di Alliette potrebbe pensare (anche tenuto conto della maiuscola che quest’ultimo riserva al sostantivo) di quella Société des Interprètes di livre de Thot fondata nel 1788 da Alliette e da un gruppo di allievi ed ammiratori. Su quest’ultima associazione vedi Millet-Saint-Pierre, Recherches sur le dernier sorcier et la dernière école de Magie, estratto dalle Publications de la Societé d’Etudes Diverses, 1857-1858, p. 31. Il testo di Millet-Saint-Pierre è ora disponibile in traduzione italiana su questo stesso sito.
[4] Un marchand des six corps, recita il testo. I six corps marchands nel XVIII secolo erano le corporazioni che raccoglievano i mercanti che vendevano le merci più rilevanti: i commercianti di pellami, i magliai, i calzettai, gli speziai, gli orefici etc. etc.. Si trattava della potenti e rispettabili corporazioni della borghesia mercantile.
[5] vedi nota 1.
[6] Le Denier du pauvre, in seguito abbrevia L.D.D.P., in traduzione, appunto, l’obolo del povero