Pagina on-line dal 19/05/2012
Ultima modifica 27/02/2017
L’unica immagine mai pubblicata di Pietro Bornia, dall’Annuario di Madame Fabriani (1934).
Uno dei rarissimi spunti biografici su Pietro Bornia ci è offerto da una singolare pubblicazione di una indovina e chiaroveggente di stanza a Roma, Madame Fabriani, con studio in Piazza San Gregorio di Gerusalemme al n° 50, un personaggio abbastanza noto negli anni ’30.
Madame Fabriani, al secolo Elide China, vedova Fabriani, classe 1884, era originaria di Posticciola, una borgata del comune di Roccasinibalda (Rieti). Elide fu indubbiamente tra le più abili indovine dei suoi giorni nello sfruttare i vantaggi offerti dall’adozione di tutti gli strumenti pubblicitari possibili al tempo. Autrice di innumerevoli pubblicazioni sulle arti divinatorie e sull’occultismo, curò, tra le altre cose, un Annuario di scienze occulte internazionale, biografico, illustrato, che nel 1934 ebbe, a quanto pare, due edizioni, e che continuò per alcuni anni (dal 1934 al 1937). Madame Fabriani era in grado di occupare le colonne di giornali e riviste facendo in vario modo parlare di sé ed utilizzando al meglio il mezzo stampato per trasmettere l’immagine al tempo stesso esotica e proba che ci si aspetterebbe da un beniamina dell’invisibile e amica dell’umanità.
Nell’edizione del 1934 del suo Annuario, la prima, dopo le innumerevoli testimonianze a favore delle capacità miracolose e delle qualità umane della chiaroveggente, il curioso lettore può, ad esempio, trovare numerose fotografie di madame ritratta in varie fogge: vestita da crocerossina mentre prega per gli ammalati affidati alle sue cure; con diadema coronato e vistosi monili di foggia orientale circondata dai pianeti e dalle stelle; seduta di fronte a suo figlio, l’autorevole Prof. Marzialus, il più giovane occultista del mondo, mentre cura il suo cagnolino Frou-Frou somministrandogli il miracoloso e pluridecorato Depurativo Fabriani; col solito diadema orientale mentre legge le carte: ammalata sul letto di morte mentre un adolescente prof. Marzialus – al secolo Leo Alberto Fabriani – le somministra le cure magnetiche che nel giro di pochissime ore la restituiranno alla vita etc. etc..
È possibile trovare, nella stessa pubblicazione, a partire da pag. 69, le Biografie dei principali professionisti, artisti, scrittori e cultori di scienze occulte. Qui, tra Alberto Magno e la Blavatsky, tra il padre della metapsichica italiana, Ernesto Bozzano, e il padre della letteratura, Dante, tra gli dei di Apollonio di Tiana e gli spiriti di Allan Kardec, il lettore, alle pgg. 99-100, potrà trovare la fotografia – l’unica nota, quella sopra riprodotta – ed il profilo biografico di Pietro Bornia. Lo riportiamo integralmente:
«Studioso di scienze iperfisiche, o meglio, di quei fenomeni dalle cause diverse od ignorate che possono avvenire in noi ed intorno a noi e che oggi sono generalmente raggruppate sotto il nome di scienze occulte. Ha collaborato con scritti pieni di erudizione precisi nelle due riviste pubblicate dall’Ill.mo ed amatissimo maestro Giuliano Kremmerz, al secolo dott. Ciro Formisano, il “Mondo Secreto” ed il “Commentarium”. In quest’ultima il Kremmerz così si esprime nei riguardi del Bornia: “…precedenti scritti del sig. Pietro Bornia (de la cui collaborazione nel Mondo Segreto prima, e nel Commentarium dopo vado orgoglioso) hanno mostrato al lettore di quale spirito sintetico di volgarizzazione sia ricca la sua penna” (Commentarium, anno I luglio 1910).
Dopo aver oscillato tra diverse scuole, è stato amico del grande Kremmerz e divulgatore efficace, dottissimo, onesto, perché ha cercato di mentire il meno possibile, dell’Ermetismo, con gli scritti, con le parole, con l’esempio. Ha mantenuto alto sempre l’ideale Ermetico, sacrificando a questo ideale di unità, di miglioramento, sviluppo animico e soprattutto integrativo, tutti gli anni della sua giovinezza, i migliori anni dell’età matura, tenendo fermo nel cuore quel principio di umana solidarietà, che dev’essere requisito precipuo di ogni spiritualista.
Ha diretto per molti anni in Roma, con animo sincero e con cuore di soldato, l’Accademia Virgiliana della Scuola Pitagorica, fondata dal Kremmerz in Italia. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni fra le quali: “La porta magica”, “lavoro ermetico a fondo storico” di piccola mole, ma esatto, chiaro, in cui è mirabilmente trattato il simbolismo della Grande Opera nei suoi fini alchimici e morali ed un periodo della vita di Roma e del grande Borri, dotto medico ed occultista, estratto dalla rivista “Luce ed Ombra”. È anche autore di diverse traduzioni e riassunti fra cui “Il Guardiano della Soglia”, edito da un editore napoletano. Retto animo esemplare cittadino, cuore di fanciullo, tutto quel che possedeva ha dato per l’incremento dello studio dello spirito umano, scienza altissima, ma in Italia, ahimè, da pochi intesa. Ha coperto valorosamente per un trentennio il posto di Primo Segretario al Ministero delle Poste, ora si è ritirato in pensione, vive fra le sue memorie, e molti amici che sinceramente lo amano e lo stimano, nell’attesa di una vita migliore».
Il profilo è firmato dalla sola iniziale V., iniziale impossibile da far risalire a chicchessia, ma sicuramente riconducibile ad uno degli amici – molto probabilmente kremmerziani – dello stesso Bornia.
Tale il profilo biografico dalle pagine dell’Annuario di Madame Fabriani, che non ci lascia nessuno spiraglio sulla formazione, la professione e la vita professionale del Bornia.
Tuttavia la storia iniziatica di Pietro Bornia (Roma 1861-1934), figlio di Luigi Bornia e di Anna Lanci, è da considerarsi, probabilmente, ben più complessa di quanto non emerga dal profilo dell’Annuario. Sappiamo che il Bornia venne ammesso nella Fratellanza di Miriam kremmerziana il 3 aprile 1899, in Vasto, e che ricevette l’argenteo anello di Anziano (il grado di maestrato) nell’ottobre 1911. Già a partire dal maggio 1911 è tuttavia nominato presidente dell’Accademia Virgiliana di Roma, una delle accademie autorizzate da Kremmerz.
L’anonimo estensore dell’articolo dell’Annuario accenna al sodalizio del Bornia col Kremmerz come ad un approdo definitivo, dopo che il nostro aveva per qualche tempo “oscillato tra diverse scuole”. L’impressione che se ne trae è quella di una serie di militanze esplorative, quasi occasionali e di poco conto, che avrebbero legato il Bornia a diverse esperienze prima dell’adesione alla Miriam.
Non riteniamo sia esattamente così, e crediamo anzi che le attestazioni di stima del Kremmerz fossero in parte il dovuto atto di riconoscimento di un’esperienza e di una posizione di tutto rispetto all’interno delle organizzazioni iniziatiche francesi del tempo, che prescindeva dal percorso strettamente miriamico, il cui esito era stato solo formalizzato dall’anello di anziano nel 1911.
Un indizio, su cui sembra che l’attenzione della pur folta e agguerrita schiera degli investigatori del milieu kremmerziano sembra non si sia mai posata, è la nutrita serie di contributi che il Bornia firma sull’Initiation, di Papus e sull’ebdomadaria consorella Le voile d’Isis, da Papus posta sotto la gestione del fedele Lucien Mauchel (Chamuel), nella quale Bornia pubblica una serie di corte note.
Allo scopo di definire l’ampiezza del coinvolgimento dell’occultista italiano nel milieu papusiano, abbozziamo qui un tentativo, del tutto incompleto, di bibliografia cronologica del Bornia, limitandoci ai suoi interventi in altre lingue (quasi esclusivamente il francese, come si vedrà).
Dalla sua residenza in Frascati prima, poi a Vasto, vicino Chieti (L’Initiation vol 45, 13me année n. 1 octobre 1899, nella sua Errata al numero dell’agosto precedente a p. 96 dà notizia del cambio di residenza), Bornia svolse un’intensa attività saggistica diretta alle riviste dell’orbita martinista parigina. Ai fini della costruzione di una bibliografia completa dell’occultista italiano questi scritti sarebbero da completare con la copiosa produzione italiana sparsa tra le pagine di Il Mondo Secreto, Commentarium, Luce e Ombra, Nova Lux e altre riviste italiane d’epoca.
1895:
– Un monument alchimique à Rome, in L’initiation vol. 27, 8me année, n. 9 Juin 1895, pp. 224-258. La firma in calce indica già il Bornia col grado di Superiore Incognito (S…I…). Il testo del Bornia segue di alcuni mesi uno studio, tuttavia più breve e meno approfondito (non scevro, peraltro, da imprecisioni e trascrizioni approssimative), di Henri Carrington Bolton, apparso col titolo di The Porta Magica – Rome in The Journal of American Folk-Lore, vol. 8, n° 28 (gennaio-marzo 1895), pp. 73-78, ed oggi anch’esso reperibile su questo stesso sito in traduzione italiana. Il testo dell’occultista italiano non cita questo lavoro, e pertanto non possiamo sapere se Bornia, attento studioso del patrimonio folklorico (si interessò ad esempio approfonditamente dell’ermeneutica dei racconti delle Mille e una notte) conoscesse effettivamente lo scritto e se ne fosse servito come ispirazione per le sue personali ricerche, tuttavia la cosa non ci appare improbabile. Del resto l’anno prima era stato dato alle stampe l’importante studio del De Castro, Un precursore milanese di Cagliostro, in Archivio storico lombardo, serie III, vol II, 1894, che gettava nuova luce sulla complessa figura dell’eretico milanese. Il numero successivo de L’initiation (vol 28, 8me année, n° 10 Juilet 1895,pp. 92-93) contiene una breve nota di Jollivet-Castelot, che riporta le sue impresioni di lettura del lungo lavoro del Bornia, accompagnate dall’analisi della riproduzione fotografica della porta Ermetica inviatagli dallo stesso autore. Per il presidente della societé alchimique de France (che definisce il Bornia oltre che S. I anche correnspondant du G. E., ovvero, in forma abbreviata, membro corrispondente del Groupe indépendant d’études ésotériques, hyperchimiste attento all’aspetto di techne forse più che a quello simbolico, sembra che sia il valore alchemico del monumento, sia la competensza del suo ideatore siano entrambi soggetti a cautela: «Giuseppe Borri, da ciò che se ne sa, avrebbe impiegato un’erba magica per realizzare la grande opera… I soli soffiatori, si sa, cercano di fabbricare l’oro traendone la materia dall’urina, dalle piante o da sostanze organiche, gli alchimisti filosofi – gli ermetisti – non lavorano che sui metalli… D’altronde, per quanto attiene ai segni geroglifici di cui parla il signor Bornia, farò rimarcare che il loro simbolismo non potrebbe, in tutti i casi, indicare una ricetta per fare l’oro, perché non si ignora che, esprimendo soprattutto dei colori e delle concordanze planetarie, questi simboli non danno alcuna spiegazione seria sulla Materia impiegata e gli stati di questa materia. Il mio umile parere e che i segni della Porta Magica non sono stati posti secondo l’ordine generale abituale che avrebbero dovuto occupare, o, piuttosto, che il pellegrino di cui parla la cronaca non era che un volgare soffiatore, tanto più che si serviva di erbe».
– Statues égyptiennes du KA, in Le Voile d’Isis, Sixième année, septembre 1895, Numèro 218, p. 1. La breve nota, che apre il numero, è firmata Bornia Pietro C.G.E. (Corréspondant du Groupe Ésoterique).
– Clous Gnostiques (notes bibliographiques) – prima parte in L’Initiation vol. 29, n°2 novembre 1895, pp. 125-133. Si tratta, nel suo complesso, di un contributo molto lungo che verrà pubblicato, come vedremo, in tre parti su L’Initiation, nelle pagine dedicate alla partie philosophique et scientifique. Esso prende le mosse da uno studio dell’autorevole archeologo e segretario aggiunto dell’Accademia Pontaniana Giulio Minervini (1819-1891) dal titolo Novelle dilucidazioni sopra un antico chiodo magico presentato al VII congresso italiano dal prof. Orioli con la notizia e la illustrazione di altri simili arnesi, Napoli, 1846
– Glamures: saint Hubert, in Le Voile d’Isis, Sixième année, 18 dècembre 1895, Numèro 226, pp. 6 e 7. Una corta nota su d una leggenda legata al santo, nobile e cacciatore inveterato, cui appare una cerva circonfusa di luce e sormontata da una croce che lo esorta a credere in Cristo. Per Bornia, il miracolo non è che la manifestazione di una personalità in astrale.
– Glamures: Le Roi Théodoric, in Le Voile d’Isis Sixième année, 25 décembre 1895, p. 7. Ancora una corta noterella a firma di Bornia Pietro C. G. E., su di una leggenda allegorica riguardante il re degli Ostrogoti che, avvisato della sua morte per mezzo di un fulmine da una profezia, tentò di difendersi costruendo intorno a sé un castello tutto di pietra e senza aperture nel quale si rifugiava, durante la tempesta. La folgore lo colse invece mentre era in carrozza in una giornata perfettamente serena.
1896:
– Cous allongée in Le Voile d’Isis, Septième année, 18 Avril 1896, Numèro 241, p. 4. Corta noterella che prendeva le mosse dalla recente pubblicazione di alcuni disegni del pittore giapponese Hokusai https://it.wikipedia.org/wiki/Katsushika_Hokusai , che rappresentava alcuni dei suoi personaggi con colli innaturalmente allungati, pare in armonia con una tradizione popolare giapponese che associava simbolicamente il collo allungato alla capacità di visitare i paesi più lontani. Il collo allungato dei giapponesi, per Bornia, può dunque essere a sua volta simbolicamente associato alla proiezione del corpo in astrale.
– La chute de Simon le Mage, in L’Initiation vol. 31, 9me année, n. 8, Mai 1898, pp. 127-138. Reperibile in prima traduzione italiana su questo stesso sito. Una rivisitazione quasi del tutto romanzata della vicenda del sapiente gnostico Simon Mago, che diviene simbolo dell’iniquità e della viltà dei cristiani, settatori di una religione di intolleranza e ignoranza a malapena custodi di frammenti dispersi dell’antica sapienza essena. Vedi la nostra introduzione alla traduzione.
– Bibliographie, in Le Voile d’Isis, Septième année, 10 Juin 1896, Numèro 249, pp. 3-4. La noterella bibliografica prende le mosse da un articolo apparso sull’Emporium di Bergamo su Samuel Fuchsius, di cui Bornia segnala l’opera fisiognomica data alle stampe nel 1615.
1897:
– Thousand and One Nights in Miscellaneous Notes and Queries, a monthly magazine of history, folk-lore, mathematics, mysticism, art, science etc., Gould, Manchester 1897, vol. XV, p 175. Brevissima corrispondenza di Bornia sulla datazione e l’origine delle Mille e una notte.
1898:
– Clous Gnostiques (avec figures – seconde partie), in L’Initiation, vol. 42, 12me, année, n. 5, Février 1899, pp. 153-166.
1899:
– Clous Gnostiques – seguito in L’Initiation vol. 44, 12me année, n. 10 Juillet 1899, pp. 44-55. L’articolo si conclude con un «… ma tutto ciò ci porterebbe veramente troppo lontano ed oltrepasserebbe di molto le proporzioni di un articolo di rivista», che suona come un commiato. Ciò nonostante al di sotto della firma Pietro Bornia S…I… la rivista appone un A suivre. Nei numeri successivi che ho potuto consultare, tuttavia, non c’è traccia di continuazione di questo lavoro del Bornia, per cui il testo sui Clous Gnostiques si, deve, fino a nuova notizia, considerare concluso con questa uscita.
A partire dal marzo 1898 Bornia diviene un contributore fisso della kremmerziana Il Mondo Secreto, e, pur permanendo annoverato tra i Principaux rédacteurs et collaborateurs de L’Initiaition per la Partie Philosophique et Scientifique fino al numero del 15 agosto 1901 (in seguito il nome dell’occultista italiano sparirà dall’elenco), la produzione francese dell’autore sembra interrompersi con la comparsa dell’ultima parte dei suoi Clous Gnsotiques.
L’autorevole presenza di Bornia nei circoli martinisti è anche certificata dalla sua inclusione, col nome francesizzato di Pierre Bornia e fin dal primo anno di uscita della rivista (1896), nel comitato di redazione de L’hyperchimie, la pubblicazione diretta da Jollivet-Castellot con la collaborazione di Sédir (Yvon le Loup, 1871-1926). Il nome di Bornia figura qui accanto a quello di August Strindberg, Théodore Tiffereau, Stanislas de Guaita ed altri autorevoli esponenti della scena alchemico-ermetica fin de siècle.
L’appartenenza del Bornia al martinismo papusiano viene abitualmente ignorata o sottovalutata dagli studiosi italiani, con la lodevole eccezione di Gaetano Lo Monaco, che la segnala in nota in un suo interessantissimo articolo (Edward Bulwer Lytton e l’ambiente iniziatico partenopeo-nilese, in Atrium – centro studi metafisici e tradizionali anno VI (2004), n° 3, pp. 6-57).
Marie-Sophie André e Christophe Beaufils nel loro Papus, biographie (Berg, Paris 1995) ricordano peraltro l’appartenenza di Bornia alla cerchia dirigente dell’Union Idealiste Universelle, organizzazione lanciata da Papus nel 1897, che a detta di Jollivet-Castellot dalle pagine della sua Hyperchimie, contava nel settembre 1897 circa 30.000 intellettuali da tutto il mondo. Nell’elenco dei delegati, nell’evidente ruolo di delegato per l’Italia, figura appunto Pietro Bornia (de Chieta) (cfr. André-Beaufils, op. cit. p., 157). Inoltre, sempre i due biografi di Papus, ricordano come nel marzo 1899, e dunque esattamente un mese prima dell’amissione di Bornia alla Fratellanza di Miriam, al nostro fosse rilasciata dal Supremo Consiglio dell’Ordine Martinista una patente d’onore (op. cit. p. 167).
Questi elementi crediamo arricchiscano un già significativo insieme di dati che delineano il profilo di una complessa mappa di connessioni tra la fratellanza di Miriam e l’allora fiorente martinismo francese (1).
Nell’ambito delle pubblicazioni di Bornia, questo apparentamento antecedente alla militanza kremmerziana appare essere come si è visto, tutt’altro che un’episodica “oscillazione”. Tra il 1898 e il 1899 in una serie di articoli su Il mondo Secreto, Bornia presenta ai lettori italiani una competente rassegna del panorama delle organizzazioni occultiste internazionali. Sempre alla sua penna si deve inoltre la traduzione della Storia dell’Alchimia di Jollivet-Castellot (2), testo reperibile su questo stesso sito, e, nel 1922, per i tipi della Atanor, l’edizione italiana dei Primi elementi di occultismo di Jean Bricaud (3), il vescovo di Lione dell’Eglise Gnostique Universelle (l’organizzazione che diverrà, per iniziativa di Papus, la “chiesa ufficiale” del Martinismo) che, a partire dal 1914, fu a capo dell’intero movimento martinista. Con ogni probabilità questi autori erano stati dirette conoscenze del Bornia nel corso di una non episodica militanza martinista su cui i pochi documenti in nostro possesso non ci consentono di indagare oltre.
Per quanto riguarda, nello specifico, lo studio sulla porta magica e sui personaggi ad essa collegati, da un punto di vista storico, esso aggiunge ben poco di nuovo a quanto già raccontato dal Cancellieri e dagli altri autori citati in bibliografia.
La conoscenza dell’alchimia del Bornia, quale emerge dallo scritto, appare raffazzonata e di seconda mano, sia dal punto di vista storico che ermeneutico; essa è integralmente ripresa dall’idea che ne emerge dagli scrittori della renaissance occultiste fin de siècle. Più specificamente, sullo sfondo dell’ermeneutica del Bornia, si intravede chiaramente l’Hyperchimie di François-Jollivet Castellot (4).
Di una certa accuratezza è invece la descrizione dei simbolismi e delle iscrizioni della porta, per la prima volta trascritte e tradotte con un certo rigore.
Lo studio, che segue di venti anni quello a suo tempo apparso in francese su L’Initiation, a testimonianza di un interesse permanente ed approfondito per il tema, uscì sulla rivista Luce e Ombra nel 1915, nel periodo in cui l’autore era presidente del romano Circolo Virgiliano (carica che conserverà sino al 1921, anno in cui verrà sostituito dal medico Giovanni Bonabitacola) (9).
Probabilmente il Bornia, nel pubblicare il suo secondo studio sulla Porta Magica, era stato stimolato dall’uscita, nel 1907, dell’opuscolo dei teosofo Decio Calvari (Un filosofo ermetico italiano – Francesco Giuseppe Borri, ed Ars Regia libreria editrice del dr. G. Sulli Rao, Milano 1907) e dalla pubblicazione, tra il 1910 e il 1911 di alcune delle lettere di argomento alchemico e sugli spiriti elementari dalla Chiave del Gabinetto attribuita al Borri (1681) sul Commentarium di Kremmerz (non sappiamo se su iniziativa dello stesso Bornia).
Come anche al Calvari, del resto, a Bornia sfuggono le interessanti notizie raccolte sul Borri e sulla sua vicenda da Arturo Magnocavallo (cfr. A. Magnocavallo, Notizie e documenti inediti intorno all’alchimista Giuseppe Borri in Archivio storico Lombardo serie terza, vol. XVIIII anno XXIX, Milano 1902, pp. 381-400, A. Magnocavallo, Ancora intorno all’alchimista Giuseppe Borri in Archivio Storico Lombardo, serie terza, vol XX, anno XXX, Milano 1903, pp. 483-490) uscite a pochi anni di distanza dal suo primo studio sulla porta magica ospitato sull’Initiation.
Nonostante la limitatezza della bibliografia lo studio in lingua italiana del Bornia è ancor oggi citatissimo (5) a causa dell’attenta descrizione del simbolismo della porta per la prima volta da lui abbozzata.
Successivamente al testo di Bornia, del circolo ermetico raccolto intorno a Cristina di Svezia (Palombara, Santinelli etc. etc.) si sono occupate innumerevoli pubblicazioni. Particolarmente nota è l’attenzione dedicata alla Porta Magica da Eugene Canseliet, il celebre custode della leggenda di Fulcanelli, che si occupa diffusamente del reperto in Deux logis alchimiques en marge de la science et de l’histoire (Paris, 1945). Senza redigere un tentativo più o meno completo della bibliografia successiva, elenchiamo qui solo i titoli principali. Sulla porta ermetica anzitutto segnaliamo il saggio di Luciano Pirrotta, La Porta Ermetica, Athanor, Roma 1979. In tempi più recenti, vedi pure La Porta Magica: Luoghi e memorie nel giardino di piazza Vittorio, A cura di Nicoletta Cardano,Fratelli Palombi Editori, Roma 1990. Per una visione d’insieme dell’ambiente rosicruciano romano e dei suoi protagnoisti vedi il noto saggio di Susanna Åkerman, Queen Christina of Sweden and her Circle: The Transformation of a Philosophical Libertine, Brill, Leiden 1991. Sul Palombara vedi Mino Gabriele, Il giardino di Hermes: Massimiliano Palombara alchimista e rosacroce nella Roma del Seicento, (Con la prima edizione del codice autografo della Bugia – 1656). Editrice Ianua, Roma 1986. Della produzione alchimistica dei poeti rosicruciani romani si è a più riprese occupata Anna Maria Partini in una serie di pubblicazioni: Marchese Massimiliano Palombara, La Bugia: Rime ermetiche e altri scritti. Da un Codice Reginense del sec. XVII. A cura di Anna Maria Partini, Edizione Mediterranee, Roma 1983; Francesco Maria Santinelli, Sonetti Alchimici e altri scritti inediti. A cura di Anna Maria Partini. Edizione Mediterranee, Roma 1985; Giovanni Battista Comastri, Specchio della Verità – dedicata alla Regina Cristina di Svezia, Venezia 1683, a cura di Anna Maria Partini. Edizioni Mediterranee, Roma 1989; Francesco Maria Santinelli: Androgenes hermeticus composto da Minera Philosophorum e Radius ab Umbra completato da un Dialogo tra Maestro e discepolo che descrive l’intera Grande Opera. A cura di Anna Maria Partini, ed. Mediterranee, Roma 2000. Ultimamente, sempre ad Anna Maria Partini si deve un Cristina di Svezia e il suo Cenacolo Alchemico, ed. Mediterranee, Roma 2010. Per quanto riguarda Giuseppe Francesco Borri (http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Francesco_Borri ), su cui la ricerca storica ha, negli ultimi decenni, compiuto notevoli passi innanzi, vedi, anzitutto, una prima ricostruzione storica nell’eccellente voce di Salvatore Rotta per il Dizionario biografico degli Italiani https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Francesco_Borri ; in tempi più recenti vedi Giorgio Cosmacini, Il medico ciarlatano. Vita inimitabile di un europeo del Seicento, Laterza 2001, e, soprattutto, il bel saggio di Lisa Roscioni, La carriera di un alchimista ed eretico del Seicento: Francesco Giuseppe Borri tra mito e nuovi documenti, in Dimensioni e problemi della ricerca storica in età moderna, 2010, I, (pp. 149-186), che esplora con eccellente taglio critico, per la prima volta, un vasto materiale reso oggi disponibile dall’apertura dell’Archivio della Congregazione per la dottrina della Fede.
Massimo Marra © – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e con qualsiasi fine.
NOTE:
(1) Si colloca qui il ben noto elemento di dubbio su quei quattro anni, tra il 1889 ed il 1892, che rimangono, a quanto sembra, un segreto inviolato nella biografia del Kremmerz. Secondo una versione diffusa ma priva di elementi probanti significativi, il Kremmerz avrebbe trascorso questo periodo in sud America, a Montevideo. Tuttavia, già nel 1947, il kremmerziano di seconda generazione Arduino Anglisani, nel redigere una biografia del maestro, dopo aver raccolto tutta una serie di inconcludenti notizie in merito alla permanenza sud americana del Kremmerz, affermava senza mezzi termini: «Per conto nostro, suffragati da elementi probanti emersi dalla consultazione di alcune carte del Formisano, avanziamo il sospetto che egli, anziché a Montevideo, sia sbarcato a Marsiglia, e che i cinque anni li abbi trascorsi in Francia, ove è probabile abbia preso contatto con Scuole iniziatiche e abbia trovato modo di spiegare qualche attività, servendosi poi di qualche amico residente a Montevideo per dare notizie ai suoi e per riceverne» (Il maestro Giuliano Kremmerz, l’uomo, la missione l’opera, con una raccolta di lettere inedite, ed. Rebis, Viareggio 1985, pp. 12-13). La pista francese di questi quattro anni della biografia del Kremmerz, se correlata alla certa militanza del Bornia come Superiore Incognito tra le file del martinismo nel 1895, ridisegnerebbero uno scenario inedito in cui inquadrare sia i rapporti tra il futuro presidente del Circolo Virgliano ed il Kremmerz, sia, più in generale, alcuni elementi legati alla genesi stessa della Fratellanza di Miriam. Come notano recentemente Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo, in apertura del loro Riflessi d’iride nell’acqua (Giordano, Manduria 2006): «Giuliano Kremmerz (alias Ciro Formisano) doveva avere una predilezione particolare per Nizza. Fu infatti quasi certamente dalla ridente cittadina della Costa Azzurra, nella quale era ancora vivo il ricordo della passata dominazione sabauda che, nel 1896, egli compilò la regola di primo grado della costituenda Fratellanza di Miriam, E fu nel gennaio del 1897, nuovamente presso Nizza, che il celebre mago di Portici elaborò l’introduzione di avviamento alla pubblicazione della sua rivista di ermetismo, denominata Il Mondo Secreto» (Capiferro-Guzzo, Op. Cit., p. 15). Ed è ancora in Francia, a Beausoleil, sempre sulla costa azzurra, che egli si ritira fino alla morte, nel 1930. La correlazione stretta tra l’ermetismo partenopeo e quello francese (che essa abbia o no una relazione diretta con la genesi della Miriam, cosa che non ci appare improbabile), del resto, partiva, nel XIX secolo, già dal gruppo dei cosiddetti “martinisti napoletani” ovvero gli allievi italiani di Eliphas Levi, come il barone Spedalieri (su cui rimandiamo ad un breve profilo di Gaetano Lo Monaco, oggi disponibile on-line). Più in generale, per quanto concerne questa cerchia, ci permettiamo di rimandare alla bella ricostruzione storica di Gaetano Lo Monaco: L’Ordine Osirideo Egizio e la trasmissione pitagorica (Letture S…consigliate, 1999) ed alla relativa bibliografia. Lo stesso autore, in Edward Bulwer-Lytton cit., pgg. 6-7, ricorda, su segnalazione di Bruno Bertozzi: «A proposito dei rapporti intrattenuti da Papus con personaggi dell’ambiente iniziatico italico-egizio, segnaliamo che nel numero di dicembre 1898 della rivista L’Initiation… venne pubblicato uno scritto del Kremmerz intitolato La Vie dans les rêves (edito precedentemente in italiano nel fascicolo del settembre 1898 de Il Mondo Secreto [vedasi Il Mondo Secreto 1896-1897-1898-1899, Viareggio, 1985, vol. I, pp. 477-450]. Poco tempo dopo, sulla medesima rivista papusiana, apparve un Discours Martiniste redatto dal pugliese Giacomo Catinella (1876-1943), discepolo del suddetto ermetista campano ed, evidentemente, affiliato (parimenti a Bornia e – con ogni probabilità – allo stesso Kremmerz, come vagamente intuì lo studioso Francesco Brunelli nel suo Il Martinismo e l’Ordine Martinista, Perugia 1980, p.112) all’Ordre Martiniste sopra menzionato» (Lo Monaco, Edward Bulwer-Lytton cit., pgg. 6 – 7).
(2) L’ alchimia: Sommario storico di F. Jollivet-Castelot; tradotto e ampliato da Pietro Bornia, Detken e Rocholl Edit., Napoli 1900.
(3) I primi elementi di occultismo di J. Bricaud; traduttore Pietro Bornia, con aggiunte dello stesso e numerose figure illustrative. Atanor, Todi 1922.
(4) Dal Jollivet-Castellot (1868-1939) (che del resto a sua volta, in parte, la mutua dal Poisson) Bornia prende senz’altro l’inconcludente nomenclatura pseudo-scientifica e mesmeriana (etere, fluido etereo, vibrazione eterea, fluido magnetico, metodo magnetizzatorio, forza magnetica universale etc.) e la relativa, sottesa interpretazione dell’opera alchemica. Invenzione del Jollivet Castellot è anche l’associazione tra le lame dei tarocchi e i lavori dell’alchimista (cfr. F. Jollivet-Castellot, Comment on devient alchimiste: traité d’hermétisme et d’art spagyrique basé sur les clefs du tarot…, Chamuel, Paris 1897). Tipicamente “Hyperchimiste” è poi l’attenzione verso le esperienze di trasmutazione di Tifferau o Emmens (entrambi, del resto membri onorari della Societé Alchimique de France presieduta dal Jollivet-Castellot), che, alla fine del XIX, secolo fecero ripetutamente ed a lungo parlare di sé (su queste moderne risorgenze dell’idea della trasmutazione alchemica vedi Mark S.- Morrison, Modern Alchemy, occultism and the Emergence of Atomic Theory, Oxford University Press, New York 2007). Per un profilo sintetico su Jollivet-Castellot un po’ più approfondito della striminzita pagina di Wikipedia già segnalata, si veda, su questo stesso sito, la nostra introduzione all’edizione curata e integrata dal Bornia della Storia dell’alchimia.
(5) Brani del Bornia sono anche rinvenibili on-line, talvolta (come nel caso di una trascrizione reperibile all’interno della sezione dedicata all’alchimia del sito massonico della loggia Montesion www.montesion.it ultima visita 27/11/2011) con vistosi errori di trascrizione delle epigrafi.