Jan Van Ruysbroeck – Brani scelti, scelta antologica e traduzione a cura di Massimo Marra
In relazione a quanto abbiamo esposto in Il Firmamento interiore del Beato Giovanni Ruysbroeck, abbiamo incluso in questa scelta antologica – priva di ogni pretesa filologica e basata sulla nota edizione De la vraie contemplation, traduction litterale du texte flamand-latine en français par l’auter de La vie et le vision de Sainte Hildegarde (R. Chamonal), 2 voll., Paris 1912. – oltre a dei brani la cui intensità ci ha particolarmente colpito, anche quelli che a nostro avviso più evidenziano la particolare concezione astrologica sottesa ad alcuni passi del mistico. Per un corretto inquadramento di tali passi consigliamo prima di leggere il sopra citato articolo.
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Jan Van Ruysbroeck
BRANI SCELTI
Traduzione di Massimo Marra © – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine.
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DIO RISPONDE ALL’ANIMA AVIDA DELLA SANTA COMUNIONE (1)
Uomo, ho inteso la tua preghiera: farò dunque ciò che mi compete; risponderò al tuo dolore ed agirò come detta la tua amorosa fede.
Che la tua anima sia grande, pacifica e gioiosa; tutti i tuoi desideri saranno soddisfatti. Infatti, io sarò tuo nutrimento e tuo ospite, ma tu ti donerai a me pienamente.
La mia carne è stata ben preparata per te sulla croce; il mio sangue vivificante e puro penetra il corpo e l’anima. Andiamo, banchettiamo insieme, mangiamo e beviamo! Ma tu fai in modo di ricordarti della mia passione, della mia morte, del mio eterno amore, perché è in questa occupazione ed in questo esercizio che potrai gioire della pace: in effetti, o mio beneamato, ho compreso dalle tue parole che sei desideroso di ricevere l’adorabile sacramento.
Ecco che il sacrificio della Messa è consumato: se sei pronto, ricevi la vittima.
Vieni a nutrirti di me, che sono pane di vita!
Dio solo può del tuo cuore,
Avido di felicità,
Soddisfare la fame.
L’UOMO PARLA A DIO ESALTANDO MERAVIGLIOSAMENTE LA GRAZIA EUCARISTICA (2)
Siate benedetto, Signore mio dio, che soddisfate il mio desiderio! Ricevo volentieri il santissimo Sacramento, che mi è dono prezioso, poiché io vi trovo il vostro sacro corpo, per me assai dolce e salutare: esso è manna celeste, la cui privazione fa morire; esso è pure nutrimento degli angeli, che dona vera saggezza a colui che lo gusta. Il mondo, tuttavia, non può gustarlo, perché si diletta e affligge senza misura, di tutti i beni del tempo, che lo distolgono da Dio…
E’ appena un istante, Signore mio, da quando vi siete degnato di promettermi che mangeremo insieme:
Ed io aspiro senza cessa,
A questo sacro banchetto,
Ed il mio cuore alterato,
Vuole infine spingersi in questa felice ebbrezza
In cui i divini trasporti provocano l’allegrezza.
Ciò nonostante io non riesco a consumarvi; più vi mangio e più ho fame di voi, e più muoio dal desiderio; più vi bevo e più ho sete di voi, e mi resta sempre nel calice più di quanto tutti i mortali mai potranno bere.
E voi, Signor mio, siete un ospite assai liberale, perché saldate il conto di tutto ciò che si è consumato.
Quanto volentieri, Signore, berrei il vostro sangue che dona la vita, e che cola dal vostro sacro fianco e dal vostro nobilissimo e gloriosissimo corpo; perché è così soave al mio gusto che non posso nascondere che mi ha già quasi ubriacato.
In verità, Signore, il vostro sangue è molto più prezioso ed eccellente di tutti i vini distillati da grappoli punici ; e perciò riempirò tutti i miei vasi, e sarò longanime e audace, benché nulla d’esteriore mi preoccupi.
La mia coppa è debordante, ed io ho sete ancora,
Quando, per dissetare l’arsura che mi divora,
Il calice divino
E’ sempre così pieno
Ahimè! tutto ciò che posseggo, non lo stimo molto,
Desidero ardentemente tutto ciò che non ho,
Che si sottrae agli occhi dell’uomo sulla terra,
E che limita i suoi passi.
Ma benché il desiderio mi perseguiti senza tregua,
Un essere finito non può, con la sua bussola,
Raggiungere, neanche in sogno,
Colui che è infinito.
Poiché l’uno ha forma e maniera, l’altro non ne ha alcuna. Essi sono due cose distinte di cui giammai potrà farsi una, ma è necessario invece che rimangano sempre diverse e distinte, poiché l’uno non saprebbe punto sostituirsi all’altro.
Ma la fede, l’ordine, le buone regole e le sante istituzioni, sono giustamente e meritoriamente lodate, Perché gli esercizi e le regole della santa Chiesa mirano a tutto ordinare, regolare e santificare, e nulla può, nel cielo e sulla terra, vivere senza ordine. E Dio stesso regola ogni cosa nell’ordine, nella maniera, in peso e misura.
Seguiamo perciò i regolamenti e i ragionevoli istituti, al fine di ottenere, al di sopra della ragione, la vita contemplativa.
PERCHE’ DIO HA CREATO TUTTE LE COSE – DEL CIELO EMPIREO E PRIMO MOTORE – VARIETA’ SULL’UNITA’ DI DIO E LA TRINITA’ DELLE PERSONE (3)
Al principio stesso del mondo, così come il profeta Mosè ci insegna nelle divine Scritture, Dio fece il cielo e la terra, per servirci affinché noi stesi potessimo servire lui sulla terra attraverso le virtù, le buone azioni e l’onestà dei costumi esteriori, e nel cielo, attraverso le virtù spirituali, la vita santa e l’unione a Dio nell’amore e nel godimento.
E’ per questo che tutto è stato fatto: la natura, gli esempi, le figure, le lettere sante e la verità eterna – che è Dio stesso – ne rendono testimonianza.
Dio, in effetti, secondo la sua immagine, ha fatto il cielo supremo di una luce semplice ed ignea, per natura ed essenza, eternamente pacifico e immobile, semplice nella sua essenza, perpetuamente trasparente, lucido e chiaro, e ponendolo sopra tutte le cose in grandezza, sublimità, ampiezza, incorruttibile e sempiterna sfera che avviluppa tutto ciò che Dio ha creato nella materia. Questo cielo supremo è l’empireo, abitazione della divina maestà, palazzo e trono sul cui Dio, con la sua famiglia, vive e regna.
Questo cielo misterioso è Dio stesso, nell’unità e Trinità della sua natura; e si trova così al di sopra di tutti i cieli, di tutte le creature e di tutte le sue opere; e noi lo seguiamo al di sopra della nostra essenza creata, con una perpetua carità, nel diletto e nella nostra sovressenziale beatitudine che è Dio stesso.
E, benché Iddio sia al di sopra di tutti i cieli e di tutte le sue creature, egli è ciò nonostante in tutti i cieli, in tutto l’universo, in tute le creature che egli regge, moderate ed ordinate secondo sua volontà.
Ma, in modo particolare, è al di sopra di tutto, nel cielo supremo, che egli ha creato secondo il suo esempio ed a sua somiglianza, che egli ha ornato la sua creazione di se steso e della sua gloria.
L’essenza semplice del cielo supremo è in effetti immutabile, inattiva, quieta, tranquilla, oziosa ed immobile, al di sopra di tutto ciò che Dio ha tratto dalla materia, nel cielo e sulla terra.
Ma è il primo motore che fa muovere tutto ciò che può essere mosso nelle creature materiali; è cosa evidente.
Ora, il cielo empireo risplende d’una tale chiarità sensibile e lucida, che non può essere scorto che dallo sguardo glorificato dei beati.
Ed è il regno dei cieli, nel quale Dio vive e regna coi suoi santi, poiché esso presenta una triplice similitudine con Dio, ovvero nella sua essenza, nell’attività senza fine della sua natura, ed in questi due aspetti penetrati ed irraggiati di luce semplice.
Ugualmente bisogna considerare e comprendere che la sublime essenza dell’adorabile Trinità è perpetuamente oziosa e senza atto, assolutamente immutabile.
Tuttavia la natura delle persone è feconda e sempre agente, secondo il modo delle persone, ovvero a seconda delle persone stesse.
Poiché il Padre, per sua natura, genera il Figlio, seconda persona ed altra da lui. Il Figlio, in tanto che eterna saggezza di Dio, è generato dal Padre, distinto come persona, ma unico con il Padre in sostanza e natura.
Ma dal Padre e dal Figlio emana lo Spirito Santo, unito con essi in natura.
Vi è qui, unità di natura ma diversità e distinzione delle persone. Perché nella relazione tra le persone, tra il Padre e il Figlio, vi è conoscenza, inclinazione, espansione e mutuo amore, attraverso lo Spirito Santo, che è la carità dell’uno e dell’altro, del Padre e del Figlio.
Ma l’unità nella quale vivono e regnano le persone, compie ed opera ogni cosa in maniera attiva e feconda nell’emanazione, secondo la più libera scienza, saggezza, potenza e nobiltà delle persone.
Ora, nel rifluire delle persone, l’unità trascina dentro di sé, per il godimento, le persone stesse, al di là di ogni distinzione, e le trattiene nella dilezione dell’immensa ed infinita carità, che, per essenza e natura, è lo stesso Dio. In questo modo Dio vive e si conosce in se medesimo, con se medesimo, al di sopra di ogni creatura possedendosi, amandosi, godendo di sé, al culmine della felicità.
E’ la suprema modalità di vita che il verbo umano possa esprimere nel descrivere Dio.
Così Dio vive nel cielo supremo, nella plenitudine della luce, prossimo alla sommità più alta della nostra essenza creata.
Egli ci ha chiamati e prescelti, e se vogliamo cercarlo, lo rincontreremo in noi, al di sopra di noi stessi, dove egli gioisce di sé nella gloria, con i suoi eletti, nella contemplazione, la conoscenza, l’amore e l’allegrezza, profondendosi attraverso tutte le cose, nell’eterna beatitudine.
E noi quaggiù abbandoniamo questa vita contemplativa, che è Dio stesso e che Egli comunica e dona a coloro che, rinunciando a se stessi, hanno seguito il suo spirito, ed in cui egli gioisce di sé con tutti i suoi eletti nella gloria eterna.
Certo, se qualcuno, in ispirito, vuol salire dalla terra al cielo supremo, è necessario che egli si lanci al di sopra degli elementi e di tutti i cieli intermedi; e così, attraverso la sua fede, egli ritroverà Dio nel suo Regno.
Ugualmente, chiunque vuol innalzarsi al di sopra della fede, all’apice della sua essenza creata, vale a dire nel cielo misterioso, è necessario che sia ornato esteriormente di tutte le buone opere, ed interiormente di tutte le virtù e dei santi esercizi.
In seguito egli si eleverà al di sopra dei sensi, dei fantasmi e delle immaginazioni, di tutte le immagini tanto corporali che spirituali, ragioni, forme e considerazioni, e potrà così inerpicarsi sulle cime della visione liberata dalle immagini, ovvero della contemplazione nella luce divina; qui, egli potrà contemplare il regno di Dio in sé, e Dio nel suo regno.
E’ ciò che noi andiamo ad esaminare nelle pagine a seguire.
DEL CIELO STELLATO, DELLE STELLE FISSE E DELLE STELLE COMETE, DELLE LORO VIRTU’ (4)
Mosè ci insegna che Dio ha creato il firmamento, cioè il cielo stellato, che è certo al di sopra degli elementi , poiché esso si interpone tra la natura degli elementi e quella dei cieli, dividendole e separandole: ugualmente il Signore ha creato le acque inferiori al di sotto del cielo, e quelle che stano invece al di sopra, e che si chiamano cielo cristallino, per analogia con le acque indurite e congelate nel ghiaccio. Questo cielo si trova a metà tra il cielo empireo ed il firmamento, e si estende come un immenso oceano di chiarezza e sottigliezza celeste: è un firmamento pieno di luce in cui sono fissate le stelle.
I Pianeti non sono trasparenti, ma brillano e risplendono della chiarità del sole e dei cieli.
Quanto alle stelle che sono fisse nel firmamento, insieme allo stesso firmamento, occupano il posto ed il rango che Dio ha loro dato regolandone il movimento d’attorno, sotto e sopra.
I pianeti, tuttavia, occupano sette sfere di ugual misura, che sono mosse dal primo motore, non certo nello stesso modo del firmamento, ma piuttosto secondo l’ordine della divina Saggezza che dispone e modera perfettamente ogni creazione secondo la nostra necessità e a nostro beneficio.
Ciò fa sì che i Pianeti siano differenti e contrari l’uno all’altro in natura, azione, forma e specie; ed era necessario che fosse così, affinché gli elementi e la natura di tutte le creazioni inferiori fossero regolati.
Nonostante che i Pianeti e le Stelle non siano né freddi, né caldi, né secchi né umidi, essi influiscono per la loro virtù e la loro efficacia su tutti gli esseri inferiori, e causano in essi tutto ciò che, a seconda del corso del cielo e delle proprietà delle stesse creature inferiori, si compie ed avviene quaggiù.
A seconda che gli uomini, per abitudine o complessione naturale, siano più o meno portati al bene o al male, così la natura celeste opera, nelle regioni superiori, affinché – in ragione dell’inclinazione delle loro nature – gli uomini compiano il bene o il male. Ma nessuna natura celeste né alcuna creatura o creazione, eccetto Dio stesso, può dominare il nostro libero arbitrio o la nostra libera volontà.
Ma Iddio, in tutte le sue forme, ci incita e sempre ci esorta al bene, e ci distoglie e preserva da ogni male se decidiamo di seguirlo, nel modo che egli stesso ci insegna attraverso sé e delle sue creature.
CHE TUTTE LE CREATURE CI INSEGNANO COME VIVERE – DELLA VITA SPIRITUALE ED INTERIORE ED ANCHE DELLA BUONA E CATTIVA VOLONTA’ (5)
Che ciascuno presti seriamente attenzione e comprenda ciò che stiamo per dire.
Tutte le creature ci ammaestrano, ci istruiscono, ci conducono e ci insegnano i qual maniera dobbiamo vivere.-
La natura stessa dei cieli e l’ordine che è stato imposto divinamente loro, sono per noi un esempio ed una veritiera immagine che ci mostra che dobbiamo vivere per Dio, al di sopra degli elementi, nei cieli; vivere d’una vita interiore, nascosta, spirituale, che nessuno conosce e comprende, se non colui che la vive, la pratica e l’esercita.
Ma questa vita interiore comincia così: il nostro Padre celeste crea nel più intimo di noi stessi il firmamento interiore, purché noi siamo disposti a seguire la propensione naturale della nostra anima, ovvero la sinderesi inculcata ed impressa in noi da dio, che, per sua natura, è sempre desiderosa del bene.
Essa è, in effetti, il primo elemento creato da Dio nelle nostre anime, e, per sua stessa natura, come abbiamo detto, è sempre alla ricerca del bene. Ma spesso essa è obnubilata ed oscurata dalle tenebre del vizio. E, benché la natura creata da Dio sia buona, e benché piaccia a Dio, anche nella sua nudità essa ha, ciò nonostante, bisogno del soccorso della grazia divina, se vuole elevarsi al di sopra di se stessa.
In effetti, quando cessiamo ed evitiamo i vizi e le debolezze gravi e grossolane e ricerchiamo e desideriamo la grazia di Dio, per natura non possiamo far nulla di meglio e di più eccellente.
Ma la volontà è tanto malvagia e malevola, da così tanto l’uomo è contrario a Dio ed a tutti i suoi doni, che l’uomo non può né comprendere né praticare nella vita le virtù, la saggezza e la verità: egli è disprezzato da Dio e non ha alcuna parte a tutti i beni spirituali ed a tutte le buone opere compiute nel cielo e sulla terra.
La cattiva volontà è il fondamento ed il principio di ogni male: chiunque perseveri e muoia in essa, non può trovare posto che negli inferi tra gli spiriti reprobi.
Al contrario, la buona volontà, nella quale Dio vive e regna con tutti i suoi doni, si può comparare abbastanza opportunamente al firmamento celeste; perché essa è senza cessa messa in opera dallo Spirito Santo, che è la causa prima o primo motore di ogni santità.
Ora, questo firmamento, sia per la presenza di Dio che per il Sole di Saggezza che risplende in esso, è radioso, splendente, luminoso e lucido.
Inoltre, esso è il mezzo spirituale che divide e spartisce le acque celesti e quelle inferiori, vale a dire le virtù e gli atti delle virtù, i tempi e l’eternità, la vita esteriore attiva e la vita interiore spirituale, la grazia e la natura, i segni e la verità, ed infine le opere sensibili che, ricadendo sotto il dominio dei sensi, hanno una fine, e le opere spirituali che durano eternamente se compiute in stato di grazia.
DESCRIZIONE DEL TRIPLO CIELO E DELLE STELLE (6)
La natura dei cieli è triplice: il primo cielo è chiamato firmamento, il secondo cielo cristallino, il terzo empireo: i tre cieli sono tutti trasparenti e luminosi, ed è nel terzo cielo che Dio abita e regna con tutti i suoi santi.
Questo cielo che è il più elevato e radioso, in quanto abitazione di Dio, designa, come abbiamo già detto, la vita contemplativa.
Gli altri due cieli inferiori designano invece la vita nascosta, interiore e spirituale, nella quale ci intratteniamo con Dio, e Dio con noi per sua grazia e gloria.
Il primo di tali cieli, nel quale sono fissate le stelle, designa la potenza del nostro Padre celeste che ci attrae interiormente, ci trascina ed eleva al di sopra degli atti sensibili verso una certa prova spirituale che influisce sui sensi, e nella quale tutte le virtù si esercitano e vivono.
E’ allora che noi diveniamo simili alle stelle del cielo, che, in verità, lassù, viso a viso di Dio, sono immense, ma che appaiono minuscole qui sulla terra, agli occhi degli uomini che non conoscono che i segni e gli indizi delle virtù che essi vedono esteriormente attraverso le buone opere.
Ma le stelle non sono trasparenti come i cieli: sono figure sferiche e girano insieme al firmamento al quale sono fissate ognuna al suo posto, le une più in alto, le altre più in basso, più grandi o più piccole, dissimili tra loro in natura, specie, virtù, efficacia e luminosità: vi sono quelle che brillano più in basso e quelle che risplendono nelle regioni superiori, a seconda di come siano state ornate, ordinate e collocate da Dio. Non brillano di luce propria, ma traggono la loro brillantezza dal sole, e risplendono, illuminano e scintillano come vasi d’oro esposti alla luce solare; esse rischiarano la notte ed indicano l’agognato porto al marinaio, ma talora esse fanno posto allo splendore del sole, ed infondono la loro virtù negli elementi ed in tutto ciò che sulla terra, nelle onde e nell’aria vive e cresce.
Vediamo ora come i cieli stellati ci insegnano la vita interiore e celeste.
COME I CIELI E LE STELLE CI INSEGNANO LA VITA INTERIORE E CELESTE
I cieli, in verità, con la loro chiarità, sono trasparenti; e la nostra vita interiore, grazie alla luce della grazia ed alla presenza di Dio in noi – del Dio a cui tutti siamo uniti – è trasparente anch’essa.
Ora, le facoltà dell’anima non hanno questa chiarità, perché, come vasi d’oro o come specchi, esse si elevano e fissano faccia a faccia col sole dell’eterna saggezza di Dio, e là in modo diverso attingono luce e calore, a seconda della loro differente disposizione e secondo l’eccellenza e la dignità delle virtù che esse offrono a Dio. E, come le stelle fisse girano col firmamento al quale aderiscono, così le facoltà interiori delle anime giuste seguono eternamente e si conformano con le virtù e le buone opere alla potenza e saggezza di Dio, cui aderiscono.
Tutte le stelle sono figure sferiche di cui non si può scorgere né l’inizio né la fine; così pure le facoltà dell’anima nobile e bella, nelle sue opere, poiché essa pratica tutte le virtù con Dio e per Dio, e vive così in Dio, che non ha né inizio né fine.
Ma ogni vita interiore che non è sferica ha, al contrario, i punti e gli angoli d’una intenzione falsa e d’un amore adultero, e di conseguenza è ingiusta ed ingannevole, e non può piacere a Dio.
Alcune stelle sono pallide, altre chiare, altre ancora color di fiamma.
Quando richiamiamo alla memoria, innanzi all’onnipotente giustizia di Dio, i nostri vizi, i nostri errori e debolezze, abbiamo il cuore contrito, impallidiamo e tremiamo, domandandoci se potremo sopportare il severo giudizio di Dio, sia nel giorno della nostra morte che in quello del giudizio universale. E’ allora che rassomigliamo alle stelle pallide.
Ma quando eleviamo la nostra intelligenza, spoglia dall’immaginazione, verso l’eterna saggezza di Dio, la Verità, che è Dio, irradia la faccia della nostra anima, e così, tra noi e Dio, si produce un’emissione ed una riflessione di splendore, come se il sole inviasse i suoi raggi u di un cono di cristallo piazzato tra due mucchietti d’oro; in questo modo noi diveniamo trasparenti, puri, chiari e lucidi come le stelle del cielo.
Quando eleviamo la volontà o l’inclinazione amorosa, affettuosamente ed avidamente, verso la bontà di Dio, il nostro spirito si infiamma e proietta scintille d’amore impaziente e rovente, che deve restare sempre ardente, fino a che lo spirito stesso sia sfavillante d’amore; in questo modo, gli spiriti amanti sono assimilati alle stelle del cielo infiammato e scintillante.
DEI SETTE PIANETI, ED IN PRIMO LUOGO DI SATURNO: SUO SIGNIFICATO MISTICO
Dio fece inoltre, nella distesa del firmamento, le sette sfere o circoli planetari, che ornano il cielo e la terra, che reggono e fecondano gli esseri inferiori, così come la divina saggezza ha stabilito ed ordinato.
Tra le stelle, quella che occupa il punto più alto è Saturno, che in sé è freddo e secco, di colore pallido, di carattere scaltro, crudele, terribile e senza pietà. Egli porta sulle creature inferiori la grandine, la neve, le inondazioni, le tempeste e molte calamità, miserie e sconfitte, poiché egli regna nel mezzo dell’inverno sotto le costellazioni del Capricorno e dell’Acquario, in dicembre e gennaio.
Per dare a queste nozioni un senso spirituale, bisogna sapere che al giorno d’oggi, Saturno domina tutta la terra, d’estate come d’inverno, poiché la carità si è raffreddata più di quanto dovrebbe, il che fa sì che gli uomini siano evidentemente aridi e secchi, sterili in buone opere, pallidi, sregolati, deformi, per nulla inclini ai buoni costumi, avari, tenaci, pieni d’odio ed invidia, superbi, astuti, maliziosi, abili nell’imporsi agli altri ed ad ingannarsi gli uni con gli altri.
Coloro che vivono d’una vita naturalistica e viziosa, hanno sempre il Sole sotto la costellazione del Capricorno. Poiché la capra o il caprone esalano naturalmente un cattivo odore, non è assurdo compararli al peccatore, che è in orrore a Dio e a tutti i santi, e non ha né virtù, né potenza, né bellezza, e no è buono che per le fiamme eterne. Le sue opere sono quelle del capro e, al giorno del giudizio, saranno poste alla sinistra, e precipitate nelle fiamme eterne dell’inferno.
Il sole invernale corre così attraverso l’acquario, al quale sono comparabili gli uomini che obbediscono e si abbandonano alle tendenze, ai desideri, ai godimenti seguendo l’inclinazione della loro natura: Costoro, nel servizio di Dio sono oziosi e tardi, avidi, intemperanti, immoderati nel bere e nel mangiare, inclini alle voluttà corporali ed alla soddisfazione di tutti i loro desideri.
Gli uomini giovani e sani di corpo, che vivono carnalmente e lussuriosamente al di fuori della grazia, senza il rimorso e i legacci della coscienza, né il timor di Dio, si lasciano andare ai desideri, alle inclinazioni, alle affezioni della natura, e sono simili all’acquario, perché tutta la loro vita si dissipa nel vizio, nel piacere e le voluttà della loro perversa e malvagia volontà, in modo contrario alla volontà di Dio e del Signore Gesù Cristo, il cui nome sia benedetto e lodato nei secoli
DEL PIANETA GIOVE: IL SUO SIGNIFICATO MISTICO – DEGLI ANGELI E DEGLI UOMINI – DEI QUATTRO TIPI DI UOMINI MALVAGI – DEI FIGLI DI DIO E DELLA NATURA.
Il pianeta che è stato creato in seguito da Dio è Giove, che regna a primavera. E’ chiaro e bianco come il latte, caldo e umido, feconda tutte le creature, è dolce e gradevole, utile a tutti e nocivo ad alcuno.
Si può vedere da questa descrizione come questi due pianeti, Saturno e Giove, siano l’uno il contrario dell’altro, per natura ed effetti; e, ciò nonostante, sia l’uno che l’altro sono utili e necessari, ciascuno al momento giusto.
Tutte le creature, in effetti, sono perfette, agiscono ed operano come è stato loro ordinato da Dio.
Perché, all’inizio del mondo creato, il Dio onnipotente ha creato per sua gloria due nature, la prima nel cielo, la seconda sulla terra; e su tutti gli esseri dotati dell’una o dell’altra natura erano nobili, eccellenti, liberi e perfetti secondo questa natura, benvoluti da Dio, coscienti del bene e del male. La facoltà del libero arbitrio era stata loro donata da Dio affinché essi scegliessero e si prefissassero ciò che preferivano.
Ma alcuni di questi si compiacquero di sé e si amarono senza misura, e si mostrarono insubordinati di fronte a Dio, ed avendo disprezzato sial la sua grazia che la sua volontà, essi rifiutarono di servirlo. Per questo motivo essi caddero dal cielo come la folgore, ed il loro peccato divenne eterno, poiché non può essere riparato da alcuna penitenza, ed essi sono consumati nelle fiamme eterne del Tartaro.
Ma coloro che di loro libera volontà amarono, onorarono ed adorarono Dio, ne hanno condiviso la grazia e la gloria, ed in questa condizione sono stati eternamente confermati; essi si trovano per sempre al cospetto di Dio, ciascuno secondo il suo ordine, gli uni più sublimi degli altri a seconda dell’eccellenza della loro natura, la dignità del loro ministero e del loro ufficio, la bellezza e la grandezza delle loro opere.
Anche il primo uomo disobbedì a Dio, ne disprezzò la volontà ed i comandi, ed è per questo che fu cacciato dal paradiso, ma, tuttavia, il suo peccato non fu eterno,poiché egli ottenne grazia e perdono, e noi tutti con lui a patto che, con buona volontà e contrizione del cuore, imploriamo misericordia per i nostri peccati.
Vivono però quattro specie di peccatori che, oggi, dominano ovunque nel mondo, e tutti coloro che vivono e muoiono in questo peccato sono punti dall’eterna dannazione.
Quelli della prima specie sono i pagani, i Giudei, i Cristiani infedeli che si discostano in qualche articolo di fede dalla religione cattolica.
Quelli della seconda specie sono quelli che, liberamente e scientemente, vivono nel peccato mortale, contro i precetti divini e le sagge istituzioni della chiesa.
Quelli della terza specie sono gli ipocriti, uomini furbi e simulatori che, benché siano interiormente privi di virtù, ne manifestano esteriormente le apparenze ed il carattere; e ciò nona causa di Dio, ma per amore di cose caduche ed effimere.
Quelli della quarta specie cono color che servono veramente Dio, non per suo amore , ma per amor proprio e col fine di vantaggi personali: sono i mercenari. Ma chiunque serva Iddio per qualche causa che è diversa da Dio stesso, questi non ama Dio. Colui che vuole sempre guadagnare e possedere ma mai donare, non è mai buono.
Ma a colui che ama Dio, ciò è sufficiente, e non desidera altro. Servire Dio è amarlo. Colui che serve Dio per proprio interesse personale, non lo ama certo, perché la vera carità non cerca che ciò che gli è proprio, e colui che ama se stesso o qualunque altra creatura al di sotto di Dio, non può amare Dio.
Ricercare sempre se stessi in ogni cosa, non aver che sé come unico obiettivo, è opera della natura ed è orgoglio nascosto, anche se l’uomo lo ignora. Ciò che nasce dalla carne è carnale, ma la carne e il sangue non possono vedere Dio, incontrarlo e possederlo; invece, lo spirito, che è nato da Dio, lo trasmette sulla carne, sulla natura e su ogni cosa; egli vede Dio e ne rivela il reame nascosto nelle profondità delle sé.
Da ciò si vede chiaramente che i figli della natura o della carne sono avversari e nemici dei figli nati da Dio.
Ed in effetti, la natura senza grazia è infame.
Ma i figli nati da Dio sono gli eredi legittimi del Regno di Dio.
Dirò in poche parole come bisogna distinguere i figli della natura da quelli di Dio. I primi sono color che si sottomettono agli elementi ed obbediscono ai movimenti del cielo e dei pianeti.
Quanto ai figli di Dio, essi dominano il corso del cielo e dei pianeti, ed ogni cosa gli obbedisce.
LA NATURA DEGLI UOMINI HA CINQUE DISTINTE COMPLESSIONI – DEI FIGLI DI SATURNO.
La natura degli uomini ha cinque distinte maniere o complessioni, che ci vengono dall’influenza dei pianeti, che imitiamo secondo la nascita e la complessione corporale. I pianeti dominano ed agiscono, in effetti, sul corpo, ma non hanno alcun diritto sullo spirito che, al di sopra della natura, è nato da Dio attraverso la grazia.
I figli del pianeta supremo, Saturno, gli sono simili per natura; in effetti essi sono freddi per ciò che concerne il sentimento dell’amore ed i suoi effetti, disseccati e sterili quanto ai frutti delle virtù, malevoli, volubili, duri, crudeli, odiosi, invidiosi, interamente dedicati alla loro propria volontà, tetri, veementi, dall’animo altezzoso e superbo. E quando vogliono dedicarsi allo spirito, essi sono angosciati e ansiosi, si tormentano nel timore esagerato della dannazione, poiché non considerano e non amano che se stessi, seguendo l’inclinazione della loro natura.
Avviene così che essi sono talvolta freddi e secchi, vale a dire senza buona volontà, senza esperienza né affezione spirituale; talvolta freddi e umidi, ovvero senza gusto né consolazione divina, come fossero inquieti e turbati di natura, e sempre pieni di diffidenza e di timori disordinati.
Perché essi vengono alla luce in inverno, quando domina Saturno, che all’inizio è freddo e secco, come sotto il segno del Capricorno, ed alla fine è freddo ed umido, allorquando evolve verso il segno dell’Acquario, che porta con sé la pioggia, la neve, le inondazioni ed ogni sorta di calamità.
Questo tipo d’uomini deve dunque detestare ed odiare la natura e la complessione che ha dalla nascita, e rinunciarvi di propria volontà; disprezzare il proprio giudizio e sentimento, e, nel motivato timore della giustizia divina distogliere gli occhi da una troppo lunga riflessione sul giudizio di Dio, guardandosi dal diffidare, dal disprezzare, dal disperare della grazie e carità dello Spirito Santo; perché quest’ultimo è il peccato infernale più detestabile agli occhi di Dio.
Essi devono accrescere la fede nelle sante scritture, cha abbondano in celesti consolazioni, perché Cristo è morto per tutti i peccatori, senza eccezione.
Essi devono anche sottomettersi agli uomini giusti, ed affidarsi più a questi che a se stessi; in questo modo il loro cuore e tutte le loro facoltà si apriranno e si schiuderanno, col desiderio di ricevere la divina grazia.
DEL PIANETA GIOVE E DEI SUOI FIGLI
Il pianeta che segue è Giove, che è contrario a Saturno, poiché è caldo ed umido, chiaro e di bianchezza lattaginosa, soave e dolce, e regna in Febbraio.
Il Sole attraversa il segno dei Pesci e si innalza nelle regioni superiori, i giorni divengono caldi, le onde si alzano, i pesci che i rudi freddi dell’inverno avevano raggruppato insieme nuotano e solcano le acque con immensa voluttà.
Questo pianeta è amabile, dolce e pacifico; esso è favorevole e prospero per tutte le creature che vivono quaggiù. Coloro che nascono sotto la sua influenza, gli somigliano per natura, ovvero, per il fervore dei buoni propositi, l’abbondanza delle opere sante, la bellezza e la gradevolezza dei corpi, la loro grazia, l’umiltà, la mansuetudine, la pietà, la liberalità, la benignità, la gaiezza: essi sono socievoli, amabili, pieni di cortesia e distinzione nel linguaggio e nei costumi; essi affascinano facilmente gli altri e si lasciano essi stessi sedurre.
Questa disposizione naturale, benché sia eccellente, nobile e buona, non proviene che dalla carne e dal sangue, e non è sempre saggia e prudente. Per essa sovente si trascura Dio, il suo regno ed i beni eterni, ricercando ed abbracciando invece le cose fragili e caduche di questo mondo,che bisogna presto abbandonare, che lo si voglia o no.
Ma quelli tra i nati sotto Giove che rinunciano a se stessi, muoiono al mondo e ai vizi, e badano poco al mondo; costoro nascono in Dio, sono pieni di grazia, di ricchezza e felicità, e divengono, insieme agli angeli e ai santi, coeredi della gloria eterna.
DEL PIANETA MARTE E DI COLORO CHE NASCONO SOTTO QUESTO SEGNO.
Il terzo pianeta, se si discende dalle regioni superiori, è Marte, che è caldo e secco, malizioso, invidioso e barbaro, ed ha molti rapporti con Saturno.
Gli uomini che nascono sotto questo pianeta sono secchi, ardenti, viziosi, invidiosi, asociali, amici di alcuno, non sono generosi né benefattori se non per coloro che sembrano essere loro amici e che gli fanno del bene.
Ma per complessione ed abitudine essi sono frementi e collerici, la loro anima si eccita e si sommuove per poco, si agitano e si turbano di sovente, e se ricevono qualche ingiuria essi ne conservano a lungo il ricordo nel fondo del cuore; non perdonano facilmente, si vendicano volentieri, e si rattristano per motivi futili; scaltri e versatili, essi si immaginano sempre che il loro pensiero è preferibile a quello degli altri, poiché in loro si nasconde un orgoglio occulto.
Costoro, quando decidono di dedicarsi alla vita spirituale, prendono un atteggiamento di santità apparente al solo fine di entrare in buona grazia degli uomini e di piacergli; ad esempio, essi intraprendono opere di penitenza sconosciute dagli altri giusti, come un silenzio prolungato, o fanno dei discorsi sublimi. E se essi sono naturalmente fini e sottili, condannano temerariamente gli altri giusti che non esaltano la loro maniera d’essere.
Ciò perché essi sono orgogliosi ed ipocriti, né atti né propri a ricevere la grazia di Dio.
Ma ciò che è impossibile per gli uomini non lo è per Dio onnipotente.
DEL SOLE E DI COLORO CHE NASCONO SOTTO QUESTO ASTRO.
Il quarto pianta è il Sole, che occupa il centro tra i pianeti e si trasfonde in tutti. Esso è splendente, luminoso, di color dell’oro, secco e caldo, soprattutto quando evolve attorno al segno del Leone, nel mezzo dell’estate. Unico, brilla per virtù propria ed illumina i tre pianeti superiori e i tre inferiori, ed anche tutto ciò che si trova al di sopra e al di sotto di lui. Esso fa maturare i frutti, distribuisce la vita e la fecondità, ed è l’occhio e la luce del mondo; è come la fonte viva di ogni luce e di ogni calore. Senza di lui nessun frutto può crescere, acquisire sapore gradevole e maturare. Egli fa il giorno e la notte, l’estate e l’inverno. Lo si dice otto volte più grande della terra, illumina tutte le stelle che, talvolta, col suo splendore, rende invisibili. E’ odioso e sgradevole per gli occhi malati, amabile e dolce per gli sguardi lucidi.
Quelli che nascono sotto la sua influenza hanno bellezza superba, sono candidi ed amabili, sobri e ben regolati nel bere e nel mangiare come in ogni altra cosa; essi sono secchi, e resistono ad ogni desiderio e diletto disordinato. Hanno un sangue vivo, animo nobile ed audace, come il Leone che è il re e principe di tutto ciò che vive e cresce nella natura.
I figli del Sole sono pronti a donarsi a tutti coloro che hanno bisogno di loro, soprattutto a coloro che essi giudicano degni. Poiché essi desiderano tutto ciò che si unisce alla virtù e vuole il bene ed il bello. Per complessione naturale sono dolci e amabili, amano la luce della verità e della virtù, e detestano le tenebre del vizio e dell’errore; hanno anima gioiosa, cuore caritatevole, linguaggio soave, sono amabili e buoni, e così avviene spesso che godano dei favori dei grandi principi, e siano elevati agli onori ed alle dignità.
Infine, hanno spirito longanime, docile e sottile, sono saggi e prudenti per la conoscenza della verità e delle virtù; per natura, sono atti a ricevere la grazia di Dio.
DI VENERE E DI COLORO CHE NASCONO SOTTO LA SUA INFLUENZA.
Il quinto pianeta, inferiore al Sole, porta il nome di Venere. E’ risplendente e lucido, di colore brillante e chiaro, e, per natura, è caldo e umido.
Si chiama anche Lucifero, quando, precedendo il Sole, si mostra agli sguardi degli uomini che ne ammirano lucentezza e splendore.
Viene anche chiamato Stella della Sera, allorché, a tarda ora, esso segue il sole.
Tra le stelle è la più brillante; per quanto riguarda la sua influenza, è buona, benevolente e dolce, e tempera la malizia di Marte. Venere domina quando il Sole percorre le costellazioni del Toro e della Bilancia, ovvero in settembre.
Quando raggiunge il suo apogeo, calma l’odio e l’invidia, rianima e fortifica, in virtù della sua natura, l’amore e la fedeltà in tutti gli uomini.
Coloro che vengono alla luce sotto la sua influenza, da questo punto di vista, hanno molte somiglianze con i figli di Giove.
Sono bianchi di viso, belli, graziosi, gradevoli, socievoli, di costumi dolci, di maniere nobili ed oneste, di natura calda ed umida, ovvero lussuriosi, golosi, inclini a tutte le voluttà, a tutti i i piaceri disordinati ed illeciti che dilettano il corpo.
Essi fuggono l’odio e l’invidia, e fanno regnare, secondo le loro facoltà, la pace, l’amicizia e la concordia fra i mortali.
Tuttavia, se essi hanno una natura buona, bella e generosa, e, secondo del abitudini e gli usi del mondo, una distinzione e maniere gradevoli agli uomini, ciò nonostante non possono piacere a Dio senza la grazia Divina.
In effetti essi sono nati all’aurora ed hanno ricevuto lo spirito del Lucifero. Aprendo gli occhi corporali, sono illuminati dalla luce del cielo e del sole, e vivono secondo le delizie che il sole procura, poiché hanno il sangue caldo e generoso; e per questo si lasciano sedurre dell’amore di tutto ciò che è del mondo, il che li rende ciechi di spirito, e fa sì che il loro sguardo intellettuale non possa percepire la grazia divina.
Lucifero porta la luce del sole, vale a dire il mattino del mondo; i suoi figli sono quelli che giovani d’età, pieni di salute e vigore, combattono per il mondo e lo compiacciono, senza timore e senza religione della coscienza: hanno il cuore gioioso, si dedicano a tutti i piaceri, cantano, danzano, e non si preoccupano di come passano la giornata, fino a sera.
La Stella della sera segue il sole al tramonto, e dopo di lui tramonta anch’essa.
I suoi figli soccombono al male: sono quelli che muoiono nel vizio mortale e sono presi nei legacci della dannazione eterna. Ormai, non splenderà più per loro alcun giorno d’allegrezza: la loro parte eterna è la dannazione.
Che ciascuno si esamini e si consideri attentamente, fintanto che può: ciò è saggezza, perché la prudenza e la circospezione interiori sono utili a tutto.
CONTINUAZIONE DEL MEDESIMO DISCORSO SUI PIANETI
Noi tutti siamo per natura dei negoziatori, noi tutti che nasciamo sotto l’influenza astrale; compriamo e vendiamo, scambiamo cose meno preziose per altre più eccellenti.
Ma Mercurio, che tra i pianeti occupa il sesto posto, secondo natura regna sui mercanti, e così si accorda con tutti i pianeti: esso è malvagio coi malvagi, e salutare ai buoni.
Esso s’avanza sempre col sole ed evolve con lui, ed a causa della chiarezza del sole e della vicinanza con l’astro, anche il pianeta è lucido e splendente, ma ciò nonostante non può essere facilmente scorto, poiché alla vista si interpone lo splendore solare.
Mercurio regna sempre dal mese di Maggio all’inizio di Agosto, l’epoca più gradevole e fertile dell’anno, in cui tutte le cose crescono, per maturare poi in autunno.
Mercurio è, per natura, caldo e umido; similmente i suoi figli, nati sotto il suo imperio, sono di temperamento caldo e umido, vale a dire sanguigno e di buona complessione, gaudenti e gai, simili a coloro che nascono sotto l’influsso del sole.
Questi due pianeti, in effetti, sono compagni, e coloro che sono generati sotto la loro influenza hanno tra loro molta somiglianza.
Quelli che nascono sotto l’imperio di Mercurio sono saggi e astuti per natura, sanno vivere e conversare facilmente con i buoni e i cattivi, i ricchi e i poveri, sanno parlare saggiamente ed eloquentemente come i retori, ristabilire la pace dove regna la discordia, sono abili nel comprare, vendere, esercitare l’usura, mentire e ingannare, seguendo l’interesse proprio o degli altri.
In parole, atti, istituzioni e regole di vita, ed in tutto ciò che è oggetto della loro attenzione, essi sono saggi, abili, prudenti, industriosi; e perciò essi ottengono il favore dei principi, dei signori, dei potenti, la celebrità, gli onori, le dignità, le ricchezze e tutti gi altri vantaggi del mondo.
Tuttavia, seppur sono dotati di tutti questi vantaggi dalla natura, essi non possono trovare, contemplare e possedere il Regno di Dio senza la divina grazia, poiché la natura non può oltrepassare se stessa. Così, si dice, ogni pianeta esercita la sua influenza su coloro che nascono sotto il suo imperio, e gli ripartisce i doni di natura che ha ricevuto da Dio. E’ per questo che gli uomini sono differenti per natura e complessione, per costumi e abitudini, e, ciò nonostante, tutti hanno la medesima natura umana. Tuttavia, nella generazione corporale, ciascuno tende ad imitare, seguendo la natura, il pianeta sotto la cui influenza egli è nato.
Tutto ciò che è sotto il cielo è nato dal seme di Adamo, sotto l’influenza degli astri e dei pianeti, carne e sangue, sensibile e mortale per natura.
Ma nei pianeti non vi è né volontà né scienza, né vita né alcuna potenza che provenga da loro stessi; tuttavia si dice che, per la virtù divina che hanno in sé, essi profondono in tutte le creature sublunari, fino nella profondità dell’oceano, la vita, la fecondità, le varietà molteplici di natura e specie di cui, fin dalle origini del mondo, per sua gloria e nostra utilità, Dio ha ornato il creato; e ciò nelle onde, in terra, in aria. Ma la nostra necessità è di conoscere noi stessi, di servire ed amare Dio.
Tutti noi siamo nati dalla carne di natura mortale, e quindi siamo figli dei pianeti, che influiscono sulla nostra natura mortale ed in qualche modo la dominano. Ma se ci eleviamo al di sopra della natura, e nasciamo infine nello spirito di Dio, diveniamo figli della divina grazia, e Dio stesso, col suo spirito, domina e regna nel nostro spirito e ci dona sette doni che ci regolano, che ci moderano, ci dirigono in tutte le virtù, in modo che riconosciamo chiaramente e luminosamente che l’amore ci eleva, e che siamo uniti e congiunti a Dio stesso per la vita eterna.
Tra queste vite di natura e di grazia, Iddio onnipotente ha creato l’anima ragionevole, che nella sua parte inferiore è sensibile, nella parte mediana è ragionevole, nella sua parte superiore è spirituale; e queste tra parti, nell’uomo, non sono che un’unica vita secondo natura.
Ma Dio ha donato all’anima ragionevole una bilancia, per permetterle di pesare con le sue proprie mani, sui due piatti, se stessa e tutte le cose create; ed esige dalla nostra ragione e dalla nostra volontà che noi pesiamo ogni cosa con la stessa misura, come si conviene, e che scegliamo ciò che vi è di migliore, cioè Dio stesso.
La ragione naturale medesima ci mostra ed attesta che dobbiamo agire giustamente in questo modo.
Perché, per natura, per quanto ci è dato di conoscere, noi siamo sempre portati verso il meglio.
LE DODICI SENTENZE SULL’AMORE DI GESU’, O DIALOGO DELLE DODICI VERGINI SAVIE (7).
Dodici vergini, un giorno, discorrevano insieme,
Delle grazie infinite di Gesù, loro sposo,
La cui insigne beltà rende gelosi gli angeli.
E, siccome l’universo nulla ha che gli rassomigli,
Esse lodaron l’Amore, l’Amore dolce e soave.
La prima diceva: il mio cuore è tutto in fiamme,
Per il nome adorato di Gesù, mio salvatore.
E poiché la sua virtù conforta l’anima mia,
Mai amore umano sarà mio vincitore!
Solo Gesù è perfetto! Solo Gesù è amabile!
E la sua divinità ce lo rende adorabile!
La seconda diceva: Oh! io l’amerei
Se potessi sapere dove comincia il suo amore,
Ma io l’ignoro, ahimè! e la funesta mia indolenza,
Mi priva dei suoi doni; perché io vi confesso,
che, troppo spesso colpevole e sempre agitata,
Da mille diverse cure, la mia anima è tormentata.
La Terza diceva: Egli vien sempre a me,
Come un tenero amico, e promette alla mia fede,
Gioielli meravigliosi, ineffabili delizie;
Ma io non so come, e per quali artifizi,
Egli s’evade a un tratto, qual ospite incostante,
Ed io seguo vanamente le sue luminose tracce,
Per rivederlo ancora e gioir delle sue grazie…
Certo è poco saggio, e può essere imprudente,
Il cantare di un bel giorno, prima che le stelle,
non brillino in un cielo tutto azzurro e senza veli.
La quarta diceva: ne và del proprio onore,
A non esiger per sé, frivola ed oziosa,
il premio del puro amore, se non dopo che il lavoro,
è al fine terminato…. Per cingere l’aureola bisogna che ogni vincitore,
Al bacio della gloria, abbia disposto il cuore…
Ma si vede troppo sovente l’operaio mercenario,
Rifiutando il lavoro, lagnarsi del salario.
La quinta diceva: l’amor del mio Gesù,
Mi causa tanti allarmi,
Che il mio cuore e i miei sensi rimangon sotto le armi.
Ed io non a chi parlare dei suoi abusi:
Ho un bel donarmi tutta, egli reclama sempre!
Occupato giorno e notte a ingannar la mia debolezza,
Egli tende al mio candore mille e mille inganni,
Senza che almeno possa eluder le sue mire.
Questo inegual commercio e la scarsa larghezza,
del mio divino amante, spiegan la mia tristezza.
La sesta diceva: O che strano discorso!
E la richiesta folle! Così, tutti giorni,
Il nostro maestro Gesù, dovrebbe esser prodigo ospite?
A questo amore senza argine, conviene metter diga,
Donne voi costeggiate la strada dell’errore,
E la vostra empia lingua offende il Signore.
C’è troppa libertà, di senso e di parola!
Che il vero pentimento ispira il vostro ruolo!
Perché bisogna, per parlare dell’amore di Gesù,
Esser meno sprovviste di timore e di rispetto.
La settima diceva: la mia anima è affamata,
Dell’amore che Gesù ha per la sua beneamata!
Ma quand’anche io tutto avessi il tesoro divino,
Ch’ei può versare a fiotti nell’anima innamorata,
Esso mi parrebbe vano,
E nulla fuor di Lui stesso,
Per saziar la mia fame, sarebbe sufficiente.
La morte, lenta a venire, m’appare necessaria,
Allo slancio d’un amore, che io voglio soddisfare.
L’ottava diceva: Si, il Signore Gesù,
E’ il divino alimento che si gusta nella gioia.
Al suo sacro banchetto i cuori puri son invitati;
E, poiché l’amore vero giammai non si fuorvia,
I suoi zelatori ardenti delusi non saranno.
Egli è mio, questo Gesù, ed io tutta sua sono!
Nulla potrà impedire che la mia anima appartenga,
A questo Dio incontrato per fortunato azzardo.
Come s’apre una noce, io l’aprii senza ritardo.
Si deve esser ben folli a disdegnar la mandorla!
Essa è dolce e ghiotta, nascosta all’occhio profano:
Essa offre agli eletti delizie senza fine;
Ed è essa che può soddisfare la loro fame.
Ora, voglio senza fallo svelarvi il mio animo:
Se avessi tutta la forza che comporta la mia fiamma,
Gesù solo sarebbe il mio Dio e Signore;
Tanto si sta bene a servire in ogni luogo il suo amore,
E il bere dal suo calice è il dettame migliore
La nona diceva: ahimè! che l’amore di Gesù
Mi lascia sola, e mi bisogna ogn’ora
Marciare su strade che mi sono ignote
Tutto m’inganna e m’illude;
Delle dolcezze d’un tempo nulla mi resta.
E’ come una scommessa!
E’ per me pieno di tedio un sì penoso stato:
Gesù mi ha preso il cuore, e lontano se n’è scappato!
La decima diceva: Che l’amore è soave
Del mio Signor Gesù di cui io resto schiava!
Ei mi penetra l’anima, e mi dona da gustare
Il suo vino delizioso… la mia coppa è tutta piena!
Buon dio! possa io senza perder il fiato,
Verso vette più alte tendere e ancora montare,
Quando tutta rapita nel tuo sereno volto,
L’anima beve a gran sorsi questa regal bevanda
Esistono altri amori che possono incantarla?
L’undicesima diceva: Che desiderar ancora?
Non sono ancor perduta in colui ch’io adoro
E la cui seduzione è sola felicità agli eletti?
Non sono punto immersa nell’insondabile abisso,
Cove si gusta con Dio la più intima pace,
E da cui l’anima non torna mai più?
La dodicesima diceva: che cosa posso fare?
La mia volontà si smuove: la debbo soddisfare?
Perché amor non saprebbe restare inattivo…
L’amante della virtù, la pratica senza cessa;
E lungi dalla passione, sempre contemplativo,
Egli adora senza fine la divina saggezza;
Poi, la sua anima si spinge fin nell’essenza di Dio;
Ed in questo bisogno d’amare che procura l’ebbrezza,
Egli gusta la felicità, in ogni tempo e luogo,
Nello stato di quiete dove l’anima soddisfatta,
Mena vita felice, ineffabile e perfetta.
E le vergini cantarono nell’estasi d’amore:
Quando l’amore ci pressa
Cantiamo senza cessa
Con dolci accordi
I suoi divini trasporti.
Cantiamo il mistero
Che vela ai nostri occhi
L’amore sulla terra
E lo mostra ai cieli!
Oh! come ci ama il nostro padre celeste,
Che dall’alto dei cieli fa discender suo figlio,
Per guarire gli uomini dalla mortale peste;
E con la morte d’un Dio, riaprire il Paradiso!
Viviamo a nostra volta, come visse lui stesso,
Quel Divino Redentore, da cui viene ogni dono.
Egli ci poserà sulla fronte,
L’eterno diadema,
Affinché con le lacrime,
Arrivati nella gloria,
E guariti dai dolori,
Noi cantiamo la vittoria,
Dell’Agnello figlio di Dio.
Morto per spezzare i nostri ceppi ed uccidere la morte stessa;
Il sublime gigante che rapisce di qui,
Verso le vette divine l’anima sedotta che l’ama.
NOTE:
(1) Cap 4 de Le dodici beghine (cfr. De la vraie contemplation cit., vol I, pp. 16-17).
(2) Cap 5 de Le dodici beghine (cfr. De la vraie contemplation cit., vol I,, pp. 18-21).
(3) Cap 30 de Le dodici beghine (cfr. De la vraie contemplation cit., vol II, pp. 16-23).
(4) Cap 31 de Le dodici beghine (cfr. De la vraie contemplation cit., vol II, pp. 24-27).
(5) Cap. 32 de Le dodici beghine (cfr. De la vraie contemplation cit., vol II, pp. 28-31.
(6) Cap. 33 De la vraie contemplation cit., vol II, pp. 32-34.
(7) E’ il primo capitolo dell’opera conosciuta, dal capoverso fiammingo, come Le dodici beghine.