INTRODUZIONE.
Tra le ventuno copie censite di esemplari riconducibili all’archetipo del Ripley Scrowle (o, con grafia più moderna Ripley Scroll), quello del Royal College of Physicians di Edinburgo è senz’altro quello più precocemente caduto sotto l’attenzione degli studiosi. Il testo che presentiamo, infatti, venne pubblicato nel 1876, a firma di W. Moncrieff e J. Small, nell’undicesimo volume dei Proceedings of the Society of Antiquaries of Edinburg Lo studio rappresenta, dopo quello di Edward Bradley, la prima manifestazione di interesse storico nei confronti di un reperto singolare come il Ripley scroll. Il rotolo proveniva dalla biblioteca di Sir George Erskine, ed era stato presentato al Royal College of Physicians di Edinburgo da suo nipote, il conte di Cromarty, nel 1707. Erskine era nato intorno al 1570, terzo figlio di Sir Alexander Erskine di Gogar, ed ebbe come precettore il riformatore luterano George Buchanam (1506-1582) insieme al figlio di Re James V, il principe James che più tardi diventerà James VI; sappiamo che fu tra i più rilevanti studiosi dell’alchimia del suo tempo, in corrispondenza con alchimisti in Inghilterra ed all’estero. McCallum (1) ricorda la notizia che un tal Dr. Politius, della Società Rosicruciana di Hess, venne fin dalla Polonia per vedere l’alchimista scozzese. Sappiamo che, a partire dal 1617, fu ammesso come Senatore nel College of Justice (la corte suprema scozzese) e divenne noto come Lord of Innertiel (l’attuale Invertiel, vicino alla città scozzese di Kirkcaldy). Morì nel 1646.
Suo nipote, George Mackenzie (1630-1714), primo conte di Cromarty e visconte di Tarbat, fu tra coloro che ratificarono la carta di costituzione del College of Physicians edinburghese, e fu probabilmente associato all’istituzione. Presentò il Ripley scroll al College nel 1707 insieme ad alcuni volumi di manoscritti alchemici, sempre di suo nonno, che includevano testi classici come la magia di Arbatel, l’ordinale di Norton, opere di Ripley e di Thomas Charnock.
Nel marzo del 1827 il dr. William Moncrieff, bibliotecario del College, lesse una relazione dettagliata sul manoscritto che però non fu mai stampata. Lo Small recupererà la relazione di Moncrieff aggiungendovi pochi dettagli e riproponendola alla Society. Il Ripley Scroll oggetto della trattazione è lungo 5,5 m. ed è largo 57,5 cm.; è composto da fogli di pergamena montati su di una striscia di lino, a sua volta fissata, in cima ed al fondo, su due rulli lignei.
Una larga bibliografia è ormai disponibile sul Ripley Scroll: testo fondamentale è quello di Stanton J. Linden, Reading the Ripley Scrolls: iconographic patterns in Renaissance alchemy, in G. E. Szőnyi (a cura di), European Iconography East and West: Selected Papers of the Szeged International Conference, June 9-12, 1993, Brill 1995. Del Ripley scroll si occupa diffusamente anche Jacques van Lennep in Alchimie, contribution à l’histoire de l’art alchimique, Dervy Livres Bruxelles 1985, pp. 425 e sgg.. Esiste, per un primo approccio storico-critico ed ermeneutico, un breve corso introduttivo in sette lezioni approntato da Adam McLean.
On line si può trovare anche la bellissima versione – divisa per segmenti – del Ripley Scrowle della Yale University, anche disponibile riunita in un fotogramma unico in una versione provvidenzialmente approntata da Wikimedia.
Pe quanto riguarda, nello specifico, la copia del College of Physicians di Edinburgo, si può consultare, sul sito dell’istituzione, l’articolo introduttivo del Prof. R. I. McCallum o il suo, più esteso, The Ripley scroll of the royal College of Physicians of Edinburgh apparso su Vesalius, II, 1, 1996, pp. 39-46.
© Massimo Marra – tutti i diritti riservati – riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine.
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Notizia di un rotolo alchemico su pergamena, presentato dal conte di Cromarty nel 1707 al Royal College of Physicians di Edinburgo.
Di William Moncrieff, con note di John Small.
Traduzione di Massimo Marra © – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine.
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Alla notizia dei manoscritti alchemici di sir George Erskine di Innertiel, data a p. 189 del presente volume dei Proceeding of the Society, c’è da aggiungere la seguente descrizione di un rotolo su pergamena contenente un gran numero di figure simboliche di processi alchemici, il quale, con i cinque volumi di Sir George Erskine, fu presentato al Royal college of Physicians da suo nipote il Conte di Cromarty, nell’anno 1707.
La seguente nota del conte, per la presentazione del rotolo al College, è scritta sulla sommità del rotolo in un latino non molto accurato:
«Edinburgi, decimo nono die Junii anno millesimo septingentesimo et septimo, hoc misticum symbole in avita bibliotheca Do.ni Georgii Areskine, Equitis Aurati, Supremi Senatus et Collegii Justiciae in Scotia Senator, inter primos justicia et eruditione clarus, pjhilosophiae hermeticae et alumnus et decor, Regumque sui aevi a Conciliis Secretis, almo et spectabili Collegio Medicorum Edimburgensi Regali D. D.».
Poiché il rotolo non era stato collocato nella Biblioteca del College, esso fu dimenticato, ed io fui per primo reso consapevole della sua esistenza da Mr. Anderson, il nostro Curatore, che mi fece notare, dopo che il mio studio fu stampato, che esso era stato presentato alla Società nel marzo 1827 dal dr. William Moncrieff, allora bibliotecario del College, che trasmise insieme ad esso al Dr. Hibbert, il Segretario della Società, una relazione sulle figure in esso contenute, la quale fu letta ma mai stampata.
Dopo qualche ricerca il rotolo fu riscoperto, ed io ho fatto ricerche per accertare la natura di questo curioso documento. Per quanto ho potuto appurare, esso sembra essere una copia dei disegni simbolici originariamente fatti da George Ripley, uno dei Canonici di Bridlington, nella Diocesi di York, un famoso alchimista che fiorì tra il 1450 ed il 1490, anno nel quale morì.
Nel Theatrum Chemicum di Ashmole sono stampate (p. 375), “versi appartenenti ad un rotolo di emblemi che si suppone composto da George Ripley”. Questi versi sono quasi identici a quelli scritti sul rotolo; ma quest’ultimo ne contiene alcuni altri la cui lingua è in qualche modo più antica di quella che si può trovare nel testo di Ashmole. Dal momento che il rotolo è probabilmente unico così come lo vediamo oggi, vi ho allegato i seguenti appunti del dr. Moncrieff, cui ho aggiunto poche note e riferimenti.
Un fac-simile del rotolo, per il quale la Società è debitrice al Royal College of Physicians, è stato ottenuto col processo foto-litografico dei signori Waterston.
Il lavoro del dr. Moncrieff è il seguente:
«Al centro in alto si vede la faccia di un uomo con una lunga barba, che pare guardare in basso, c’è un cappello sulla sua testa, che si estende verso l’angolo superiore sinistro. All’incirca tre piedi sotto, si possono osservare le sue mani: il pollice e le dita della sua mano destra si tengono come dietro il rotolo, e la sua mano sinistra si stende avanti ad esso. Si suppone che questa figura rappresenti Hermes, il fondatore dell’alchimia, che per questo viene denominata Arte o filosofia Ermetica. Egli fu un legislatore egiziano, sacerdote e filosofo; visse, si pensa, nell’anno del Mondo 2076, e fu così competente in ogni profonda arte e scienza da acquisire il soprannome di Trismegistus, o “tre volte grande”. Si dice sia autore di sette libri e di una tavoletta sull’alchimia.
Apparentemente, dal cappello, c’è un nastro che scende a forma di 8, su cui sono scritte le seguenti parole: su di un lato “Secreto fonte sepultus, fermentum pariatt lapidem qui multa colorat”; sul rovescio “Lapis occultus”.
Il rotolo sembra essere attaccato alla parte superiore del corpo della figura da fasce che passano all’intorno, e pende giù come un grembiule. C’è un bordo semicircolare in cima, con le seguenti parole: «You must mak Water of the Earthe, and Earthe of the Ayre, and Ayre of the Fyre, and Fyre of the Earth” (devi fare Acqua della Terra, e Terra dell’Aria, ed Aria del Fuoco, e della Terra Fuoco”. All’interno di questo semicerchio c’è la larga figura di un rospo (1) con la scritta “spūs” sul corpo, che si suppone essere la contrazione di spiritus; sopra, su ciascun lato del rospo ci sono sei penne, ciascuna con scritto “spūs” su di un lato, ed “āīā”, che si suppone essere la contrazione per anima, sull’altro. Sotto il rospo ci sono nove cerchi – uno largo, al centro, con otto più piccoli che lo circondano. I cerchi piccoli sono uniti tra loro, e toccano la circonferenza di quello più largo. Al centro di questo vi sono degli altri cerchi molto piccoli, con sette raggi che procedono da essi fino ai sette cerchi che circondano quello grande. Il cerchio rimanente è collegato solo con il cerchio grande da un nastro, su cui è scritto “prima materia”. Su quattro dei raggi c’è la parola “solis”; su di uno una volta, su due due volte, e su di un altro ripetuta tre volte. Sugli ciascuno degli altri tre raggi, è ripetuta per tre volte la parola “luna”. Nel cerchio grande ci sono due figure, rappresentate come nell’atto di reggere la tavoletta su cui sono collocati i sette cerchi piccoli; attorno alla circonferenza ci sono le parole “corpus”, “spūs”, “āīā”, “aqua”, “spūs”.
Il circolo più in alto sul lato destro, che è unito a quello più grande per mezzo di un nastro su cui è scritto “prima materia”, contiene quattro figure, due al centro, uno per lato, con le braccia incrociate avanti al corpo. Sul lato destro c’è un uomo con una lancia e sul sinistro una donna, con una sorta di accetta sollevata come nell’atto di colpire la figura vicino a lei o un animale simile ad un rospo ai suoi piedi. Vi sono due animali simili a leoni ai piedi della figura centrale di sinistra; dietro la figura con la lancia appare rappresentato un elefante. Tra le due figure al centro c’è un albero, alla cui sinistra c’è la luna ed alla cui destra c’è un uccello che vola, mentre alla sommità del cerchio vi è rappresentato il sole con delle nuvole sulla sinistra. Attorno alla circonferenza di questo cerchio c’è scritto “spūs”, spiritus, “āīā”, anima, “corpus”. Alla base, sotto i leoni, ci sono le scritte “leo Viridis”, “leo Ruber”.
Nel cerchio più in alto sul lato sinistro c’è, al centro, una fornace con sopra una sorta di fiasca, in cui sembra esserci una figura umana; sotto la fiasca è scritto “leniter cum igne amicabili sic ut aliqua violentia nos superare non possit” (gentilemente, con fuoco amichevole, che nessuna violenza ci possa sopraffare). Nel secondo cerchio, sul lato sinistro, ci sono la fornace, la fiasca e, sotto la fiasca, la parola “white”. Ci sono tre figure su ogni lato come nel cerchio precedente, alcune di loro hanno nelle mani fiaschette, ed intorno alla circonferenza è scritto: “vidui sumus et a domo propria elongati sumus secundo nos ipsum reducere ut corpus nos amplectetur et amicabile nobis fiat” (vedovi siamo, e lontano dalla nostra casa, dunque riducici in modo che il corpo ci abbracci e ci sia amico). Nel secondo cerchio, sul lato destro, ci sono la fornace, la fiasca e due figure, una con una corona sulla testa ed un uccello che vola sopra di essi, con la parola “solutio” scritta sulla fornace sotto la fiasca. Intorno alla circonferenza c’è scritto “The Soule. Forsouth is his sulphur not brenninge” (L’anima. Invero il suo zolfo è non bruciante); ci sono anche due figure su ciascun lato della fornace e della fiasca, come nel circolo precedente. Nel terzo circolo sulla sinistra, ci sono la fornace e la fiasca, con una figura all’interno della fiasca e la scritta “white”. Sotto ci sono, sulla destra, tre figure a destra della fornace e della fiasca, e due sulla sinistra. Sulla circonferenza di questo cerchio c’è scritto “scicio deficio pota me et me albifica” (assetato sono debole, dammi da bere e fammi bianco).
Nel terzo circolo, sulla destra, ci sono la fornace colla fiasca, con due figure nella fiasca e la parola “blacke” (nero) scritta sotto. Alla destra del turacciolo della fiasca si vede una piccola figura volare fuori, come se stesse scappando. Ci sono poi tre fiasche senza tappo sul lato destro della fornace, con un uccello sotto e due figure sulla sinistra. Attorno alla circonferenza c’è scritto: “a calido et humido primo ex illis pasce quia debilis sum” (per prima cosa mettimi nel caldo e nell’umido, e di quelli nutrimi, poiché sono debole).
Nel quarto cerchio, a sinistra, ci sono la fornace e la fiasca con, all’interno, due figure, una delle quali apparentemente è un bambino. Sopra di esse vola un uccello. Sulla fornace è scritto “and blacker” (più nero). Intorno alla circonferenza del cerchio vi sono le parole “Exalta supra subtilia me ut possum reducere ad simplex” (Esaltami in alto, assottigliami affinché possa ridurmi alla semplicità).
Anche nel quarto cerchio, sulla destra, ci sono la fornace e la fiasca con all’interno una sola figura e due uccelli. La parola “blacke” è scritta sulla fornace, e si vedono a sinistra due figure di monaco, ed una dietro, come nell’atto di rimuovere il tappo della fiasca. Sul lato destro della fornace c’è una tavola con sopra collocate due piccole fiasche; sulla sommità di una c’è una figura umana, sulla sommità dell’altra un uccello. Attorno alla circonferenza è scritto “Et leniter digestus amicabilis sum secundo exalta ingressu illius” (lievemente ed amichevolmente sono digerito, in secondo luogo col suo ingresso le cose sono esaltate).
Nel centro, sotto i cerchi, e nella linea rossa, è scritto: “The black sea, the black Lune, the black soll” (il mare nero, la luna nera, il sole nero). Sul lato sinistro, sotto la linea rossa “the black sea, the black lune”. Sul lato destro, sempre sotto la linea rossa “the black sea the black soll”. Sotto segue “Here ys the laste of the withe stone – And the beginning of the redd stone” (qui c’è la fine della pietra bianca – e l’inizio della pietra rossa). Tra le linee rosse c’è scritto in caratteri larghi: “Terra stat – Unda lavat – Pir purgat – Spiritus intrat” (la terra sta ferma, l’acqua lava, il fuoco purga, lo spirito entra).
Nel centro, sotto queste parole, e sopra ciò che sembrano fiamme, è scritto:
“The mounth of Cholericke beware
Cholericke, cholericke, beware”
(guardati dalla bocca di Collerico – Collerico, collerico, guardati)
Sulla sinistra sono scritti i seguenti versi:
“Of the sonne tak the lighte (2)
The red gomme that is so brighte
And of the moone doe also,
The white gomme there keepe to.
The philosophers suphur wife,
This i-called withouten stryfe,
Kyberte and Kybryte i-called allsoe
And other names many moe;
Of him draw out a tincture,
And mak them a marrage pure
Between the husband and the wife
Spoused with the water of lyfe;
But of this worke you must beware,
Or els thy worke wil be full bare.
He must be made of his one kinde,
Marke thou well now in thy minde;
Acetum of philosophers men call this,
And water abiding, soe yt is,
The maydens milk of the dewe,
The other works doe renew,
The spirit of life men called allsoe
And other names many moe”.
(Del sole prendi la luce/ la gomma rossa che è tanto lucente/ E della luna prendi anche/ la gomma bianca che è dentro di lei/ Lo zolfo sposa dei filosofi/ Questa io chiamo senza lotta/ Kibert e Kivert io li chiamo anche/ E con altri nomi ancora/ Da lui estrai una tintura bianca/ E di essi fai un puro matrimonio/ Tra il marito e la moglie/ Sposati con l’acqua della vita/ Ma a questo lavoro devi stare attento/ O altrimenti il tuo lavoro sarà stato completamente vuoto / Esso deve essere fatto dalla sua stessa specie./ Sta bene attento ora nella tua mente/ Acetum dei filosofi io chiamo questo/ Ed acqua resistente, così esso è pure/ Il latte di vergine della rugiada/ Gli altri lavori esso rinnova/ Lo spirito della vita è anche chiamato / E con molti altri nomi ancora).
Sul lato destro ci sono i versi seguenti:
“The wiche causeth our regeneration
Betwene the man and the woman,
Soe looke, that noe devision
Be there in conjunction
Of the moone and of the sonne;
After the mariage is begone,
And all while they ben a weddinge
And him to her drinkinge
Acetum yt is very fine
Better to them than any wine;
Nowe when this marrage is done
Philosopher calls this a stone,
The wich hath greate nature
To bring a stone that is pure,
Soe he have kindly norrishinge
Be perfitt heate and decoction;
But in the matrices when they be put
Looke never thy vessel be mishutte
Till they have engendered a stone
In the world there is not such one.”.
(La quale causa la nostra generazione / Tra l’uomo e la donna / Così guarda che non ci siano divisioni / E che stiano in congiunzione / Della luna e del sole; / Dopo che il matrimonio sia iniziato/ E che tutto il tempo stiano in matrimonio./ Dai a lei da bere lui/ Acetum che sia molto buono/ Per loro migliore di ogni vino / Ora, quando il matrimonio è compiuto / I filosofi chiamano questo pietra / La quale ha gran natura. / Prendi una pietra che sia pura / Che abbia buon nutrimento / Fai perfetto fuoco e cottura / Ma nella matrice, quando vi sono stati messi / Guarda che mai il tuo vaso sia mal chiuso / Fino a quando non abbiano concepito una pietra / In tutto il mondo non ce n’è una simile).
Al centro, sotto quel che sembrano essere fiamme, è scritto “cholericke”. Più oltre ci sono dieci larghe foglie che procedono dalla cima di un albero, con sopra scritte le parole “spūs” ed “āīā”. Sulla sinistra è rappresentato il sole coni suoi raggi; di fronte è scritto “Soll”. Ci sono due penne che procedono dalla bocca, con vicino le parole “spūs” e “āīā”. Sulla destra è rappresentata la luna, con sopra la scritta “Luna” e “spūs” e “āīā” ripetuti due volte. Sotto le larghe foglie si vede una figura che scende giù; la testa e le braccia sembrano essere umane, con lunghi capelli fluenti sulla testa; i piedi, comunque, sono palmati, ed ha una lunga coda dentellata che si gira sull’albero. Sul corpo c’è scritto “spūs”. Questa figura sembra poggiare su di un infante maschio più sotto; sul corpo del bambino c’è scritto “āīā” e dei raggi si irradiano da essi. Vicino c’è una sorta di tribuna supportata da un piedistallo; ci sono sette pilastri, e sulla cima di ciascuno una figura; la prima sulla sinistra è quella di una donna con una fiasca sospesa giù; sotto di lei c’è scritta “I bibinge” (prima imbibizione). Le due figure sulla cima sembrano essere monaci o sacerdoti, ed ognuno di loro tiene in mano una fiasca con la bocca rovesciata all’ingiù e senza tappo; “ij bibing” è scritto sotto di una, e “iij bibinge” sotto l’altra; tra loro si vede un albero con foglie di vigna, grappoli. La figura sulla destra ha una lunga barba ed un cappello simile a quello della figura grande alla sommità del rotolo che si suppone rappresentare Hermes; ha una fiasca in mano con la bocca rovesciata all’ingiù ma tappata. Sotto questa figura c’è scritto “iiij bibinge”. Le altre tre figure sulla cima dei pilastri hanno ognuna in mano una fiasca, ma non tappata; sotto di loro c’è scritto “V bibinge, VI bibinge, VII bibinge”. Ci sono due figure nude, una su ogni lato dell’albero con foglie e grappoli di vigna, quella sulla destra è un donna; sul corpo di entrambi è scritta la parola “corpus”. Vicino alla testa della figura al lato sinistro, è rappresentato il sole coi suoi raggi; di fronte c’è scritto “saia”. Dietro la testa della figura a destra si vede la luna con su scritto “āīā”. Le parole “spūs” e “āīā” sono scritte in tutte le direzioni. Tra i pilastri alla base della tribuna, a sinistra c’è scritto “The white sea, the white lune”, e sulla destra “The white soll”. Su ciascun lato della tribuna ci sono penne su cui c’è scritto “spūs” su di un lato ed “āīā” sull’altro. Sul piedistallo c’è scritto “Terra – fire – stat” – “fire stat”, “fire, “fire”, Terra, “Terra”, “stat”. C’è una grande figura con barba, rappresentata come se tenesse il piedistallo, col braccio destro posizionato intorno ad esso. Sulla sua coscia destra c’è scritto “corpus”, sul ginocchio “stat”; a sinistra c’è una figura femminile vicino a un’arpa, e sul corpo le parole “Anima” e “oile”. Sulla destra c’è un’altra donna con le ali, con le parole “spiritus”, “water”. Sotto il piedistallo è scritto “The red sea”, “The red lune, The red soll”. Più in basso di questa linea è rappresentato un dragone nell’atto di vomitare un rospo, e davanti c’è scritto “the taming venome” (il veleno che doma); sul suo corpo “Heare is the fume wich is called the month of Cholerick” (qui c’è il fumo che è chiamato la bocca del collerico). Ci sono quattro pilastri, due per lato; i due sulla destra sono in piena vista, ed anche quello anteriore sulla sinistra, ma solo la cima di quello sullo sfondo a sinistra è visibile. Sulla sommità del pilastro anteriore sulla sinistra c’è una fiasca con il tappo; sulla fiasca è scritto “fire” e sotto, sul pilastro “pir purgat”; c’è uno stendardo che esce dal tappo della fiasca con su scritto “hotte”. Sulla cima del pilastro anteriore sulla destra c’è una fiasca con il tappo; nella fiasca la figura di un uccello, e su di esso la scritta “eaire”: sul pilastro c’è scritto “spūs entrat”; sullo stendardo che esce dal tappo è scritto “moyste” (mi inumidisco); sulla cima del pilastro posteriore destro c’è una fiasca con tappo e stendardo, “watter” sulla fiasca, “unda lavat” sopra di essa e “cold” sullo stendardo. Sulla cima del pilastro posteriore sulla sinistra ci sono anche la fiasca col tappo e relativo stendardo, “Earth” sulla fiasca e, sotto, “terra stat”. La bandiera è divisa; sula metà superiore c’è “Earth”, su quella inferiore “and drye” (dissecca). Sotto il dragone ci sono i versi seguenti, scritti sul lato sinistro.
“On the grounde there is an hill (3)
Allsoe a Serpent within a well;
His Tayle is longe with winges wide,
All ready to flee by every side,
Repayre the well fast aboute,
That the serpent pass not out;
For that he be there agone,
Thou loseste the virtue of the stone
What is thy grounde thou must know here,
And allsoe the well that is soe clere:
And eke the dragon with his tayle,
Or els thy worke will little avayle,
Thy well muste brenne in water clere;
Take good heede for this is thy fire,
Thy fire with water brent shall be,
And water with fire washe shall he;
Then earth on fire shall be put,
And water with ayre shall be knyte”.
(Sul terreno c’è una collina / Ed anche un Serpente in un pozzo / La sua coda è lunga ed ha ali larghe / Pronto a volare da ogni lato / Ripara prestamente il pozzo / Affinché il serpente non possa uscire / perché se se ne andasse / Perderesti la virtù della pietra / Che è il terreno che tu devi conoscere / Ed anche il pozzo che è così chiaro / Ed anche il dragone con la sua coda / O altrimenti il tuo lavoro avrà scarso vantaggio / Il pozzo deve avere acque chiare / E per questo fai attenzione al tuo fuoco / Il fuoco con l’acqua splendente sarà incendiato (abbiamo accettato “brent” come corruzione di burnt) / E l’acqua con il fuoco laverà / Poi la Terra sarà posta sul fuoco / E l’acqua con l’aria sarà unita).
Sul lato destro abbiamo i versi seguenti:
“Thus you shall goe to putrefaction,
And bring the serpent to redemption,
First be shall be blacke as a croe,
And downe in his denne shall be full lo;
I-sweld as a toade that lyeth on grounde,
Burste with bladders sittinge so rounde,
They shall to borste and lye full playne,
And thus with crafte thy Serpent is slayne;
He shall change colours there many one,
And thourne as white as wilbe the bone,
With the water that he was in,
Washe him cleane from his sinne;
And let him drinke a little ad lyte
That shall make him fayre and whyte,
The wich whitnes is ever abiding,
Lo here is a very full finishing;
Of the White stone and the Red
Here is truly the very ded”.
(Così tu andrai alla putrefazione / E porterai il serpente alla redenzione / Prima sarà nero come il corvo / e giù nella sua tana giacerà tutto abbattuto / Io mi gonfio come un rospo steso al suolo / Scoppia con vesciche, seduto così rotondo / Esse scoppieranno e giacerà pieno di lamenti / E così con arte il tuo serpente sarà ucciso / Esso cambierà più di un colore / E diventerà tanto bianco come ossa / Con l’acqua in cui era / Lavalo pulendolo dai suoi peccati / E lascialo bere a poco a poco / E questo lo renderà chiaro e bianco / E questa bianchezza sarà sempre stabile / Ecco qui è la totale conclusione / Della pietra bianca e rossa / Qui è veramente la vera operazione).
Vicino ci sono le figure di due leoni, “The red lyon” sulla sinistra, “The green lyon” sulla destra; al centro sono rappresentate delle fiamme e sotto è scritto “The mounthe of Cholerick beware”. Segue poi “Here is the last of the Red and the beginning to put away the ded the elixir vite”. Sotto di ciò si vedono la faccia del sole ed il suo bagliore, ed a sinistra è scritto:
“Take thy father that Phebus so bright (4).
That sits soe hye in magistye,
With his beames that shineth soe lighte
In all places where ever he be,
For hee is father to all thinge,
Mantayner of life to crope and roote
And Causeth nature forth to springe;
With the wife being soote,
For he is salve to every sore,
To bringe about this precious worke;
Take good heade into his lore,
I saye to lawicke and to clarke
And Omoienie is his name
Which God shaped whit his hand
And Magnesia Is his dame;
Thou shalte verily understand,
Nowe I shall heare begine
For to teach the ready waye;
Or els little shalt thou winne,
Take good heede what I say”.
(Prendi tuo padre che è Febo tanto lucente / Che siede così alto in maestà / Con i suoi raggi che splendono tanto lucenti / In ogni luogo, ovunque egli sia / Per questo egli è padre di tutte le cose / Conservatore della vita, che semina e mette radici / E causa dello sbocciare della natura / Con la Moglie si placa / Per lui è balsamo per ogni sofferenza / Per fare quest’opera preziosa / In questa scienza poni buona attenzione / Dico a laici ed a chierici / Ed Omogenea è il suo nome / Che Dio formò con la sua mano / E Magnesia è il suo titolo / Tu devi comprendere veramente / Ora qui comincerò / Ad insegnare la via rapida / Ed anche più breve di quanto tu immagini (abbiamo interpretato winne come corruzione di ween) / Fai buona attenzione a ciò che ti dico).
Sulla destra sono invece scritti questi versi.
“Devide thou Phebus in many a parte
With his beames that bene so brighte
And thus with nature him coarte
The wich is mirror of all lighte;
This Phebus hat full harde to knowe;
And but you take the very same,
The philosophers stone you shall not knowe,
Therefore I counsel ere you beginner,
Knowe thou well what he be,
And that is thicke make it thinne,
For then that shall full well lyke thee,
Nowe understande well what I meane
And take good heede thereunto,
Thy work els shall little be seene,
And turn to thee full mickell woe,
As I have sayde in this our lore,
Many a name I wiss he hath,
Some behind and some before
As philosophers of yore him gafe”.
(Dividi Phebo in molte parti / Coi suoi raggi così lucenti / e perciò la natura lo costringe / Essa è specchio di ogni luce / Questo Febo ha molti nomi / Che è ora molto arduo sapere / Ma tu prendi proprio quello / La Pietra dei Filosofi non conoscerai / Perciò ti consiglio, prima di cominciare / Che tu conosca bene quale esso sia / E che ciò che è spesso tu faccia sottile / Allora sarà buona e pronta come vuoi / Ora comprendi ciò che voglio dire / E fai buona attenzione a ciò / o altrimenti il tuo lavoro sarà poca cosa / E porterà molto dolore / Come ho detto in questa scienza / Insegno che ha molti nomi / Qualcuno dietro e qualcuno avanti / Come gli antichi filosofi lo chiamano).
Vicino c’è la figura di un aquila, con una barba d’uomo, coronata, posta su di una sfera; da questa procedono sette larghe penne, e sotto ciascuna è scritto alla sommità del lato sinistro “Aquilas”, mentre sulla sinistra “spūs” e “āīā”. Sotto la sfera, sul lato sinistro:
“In the sea withouten lese (5)
Standes the birde of Hermes
Eatinge his winges varyable,
And maketh himself there full stable,
When all his feathers be then agone
He standes still there as a stone”.
Sul lato destro:
“Here is now both white and redd,
And allsoe the stone to quicken the ded,
All and some withouten fable
Both hard and neshe and malyable;
Understand now well aright
And thank thou God of this sight”.
(Nel mare senza fecce / Sta l’uccello di Hermes / Mangiando, mutevole, le sue ali / E lì si rende da sé pienamente stabile. / Quando tutta le sue piume sono andate / Egli ancora rimane lì come una pietra / Egli è ora sia bianco che rosso / E così la pietra affretta la morte / Tutta essa stessa senza fandonia / Sia dura che graziosa e malleabile / Ora comprendi bene e giustamente / E ringrazia Dio di questa vista).
Sotto queste righe è scritto, in larghi caratteri: “The red Sea. The red Soll. Red Elixir Vitae” e più oltre in basso:
“The bird of Hermes is my name
Eatinge my winges to make me tame”.
(Uccello di Hermes è il mio nome, e mangio le mie stesse ali per rendermi mansueto).
Lì vicino c’è un largo circolo con altri tre più piccoli o sfere al proprio interno, apparentemente agganciate le une alle altre; una di esse è colorata di rosso o arancio, e sopra c’è scritto: “The red stone”; la terza è nero e sopra di esso e di quella rossa o arancione c’è scritto “the Elixer Vite”. Ci sono dei raggi che procedono dalla circonferenza del cerchio grande, che sono colorati di rosso o arancio, bianco o nero; sotto di questi è rappresentata la luna con la scritta “Luna croissant” in larghi caratteri, il semicerchio più alto è colorato di nero, quello più basso in rosso o arancio. Sotto la luna c’è quello che appare essere un serpente o un dragone con una lunga coda dentellata attorcigliata, ma con artigli e gambe come quelle di un’aquila, che sta su di un globo colorato come la terra. Sembra che abbia ricevuto una ferita nella parte bassa del corpo, dalla quale sembra scorrere sangue; una parte della sua coda sembra essere nelle sue fauci o nella bocca. Ci sono tre cerchi più piccoli o sfere nella parte bassa del globo, colorate di nero, e su ogni lato di esso penne o ali. Sotto il globo è scritto, in tre colonne:
“I shall now tell withouten lesinge (6)
Howe and what is my generation;
Omoienie is my father,
And Magnatia is my mother,
And Azote truly is my sister,
And Kebryte forsouth is my brother,
The serpent of Arabi is my name,
The wich is leader of all this game;
That some time was wood and wilde,
And here I am both meeke and milde,
The Sonne and the Moone with their might
Have chasted me that was soe light”.
(Io ti dirò senza menzogne / Come e qual è la mia generazione / Omogeneità è mio padre / E Magnesia è mia madre / E Azot è in verità mia sorella / E Kebryte è in verità mio fratello / Serpente di Arabia è il mio nome / E questo è a capo di tutto questo gioco / Un tempo ero silvano e selvaggio / Ed ora sono mansueto e mite / Il sole e la luna con il loro potere / hanno purificato me che ero così chiaro).
Al centro una seconda colonna:
“My winges that me broughte
Hether and thether where I thought,
And with their might they doe me pull
And bringeth me where they woll,
The bloode of my hearte, I wis,
Causeth nowe both joye and blisse:
And dissolveth the very stone,
And knyteth him or he have done,
Nowe maketh harde that was lixte,
And causeth him to be fixte.
Of my blood and water, I wise,
Plenty in all the world there is.”.
(Le mie ali che mi portavano / Qua e là dove pensavo / Con la loro forza mi hanno spinto / E mi hanno portato dove volevano / Il sangue del mio cuore io desidero / che ora causa gioia e beatitudine / E dissolve la vera pietra / E la congiunge o la porta a termine / Ora rende pesante ciò che era leggero / E fa si che divenga fissa / Del mio sangue ed acqua insegno / Ve ne è abbondanza in tutto il mondo)
Terza colonna a Destra:
“Yt runneth in every place,
Who soe him find might have grace
In the world runneth over all
And goeth round as a ball:
But thou understand well this
Of thy work thou shalt misse,
Therefore knowe or thou begin,
What he is and all his kyne,
Manye a name he halt full sure,
And all is but one nature;
Thou muste parte him in three,
And him kynt as the Trinitye
And make them all there but one
Loe, here is the philosophers stone”.
(Scorre in ogni luogo / Chi lo trova può così avere grazia / Nel mondo esso scorre su tutto / E diventa rotondo come una palla / Ma tu comprendi bene questo / Della tua opera tu perderai / Perciò sappi dapprima che inizi / Cosa esso sia e tutta la sua stirpe / Di molteplici nomi è pieno / Ma tutti di una sola natura / Tu devi dividerlo in tre / E poi ricongiungerlo come la trinità / E fare di tutti loro uno / Ecco, questa è la pietra dei filosofi).
Ci sono due figure in fondo al rotolo – l’una sulla destra come un sacerdote o un vescovo, l’altra sulla sinistra che appare essere un guerriero; essi reggono la parte più bassa del rotolo su cui ci sono i seguenti versi in inglese:
“In the name of the Trinitye
Harke heare and thou shalt see
Myne answere that formeth this worke,
Bothe firste laste brey and darke.
Some of him I shall you tell
Both in rime and in spell,
Malapides, Mat and Paioye,
And the booke of Turba Philosophorum
Both Aristotle, Jebert and Hermes,
Allsoe Lully, Morien (7) and Rosores
Bonelles, Raymundus (8) and Alberte (9),
Arnolde (10) and Percye (11) the moncke soe black,
Aros and Vascos, and allsoe Dessema,
The sister of Moyse, Mary profitessa,
Bacon allsoe the greate Clarke
Formeth as I wisse all this warke;
All this accordeth nowe in one
That here is the philosophers stone
Other ways yt may not be;
Understande well this I counsel thee,
And Pray thou God of his grace,
That thou mayst have tyme and space
To have the trowthe of this parable,
Thanke thou God that is soe stabyll,
For many a man desires this,
Both pope, emperor an king I wisse
Prieste and Clarke and allsoe fryer,
And not soe much bute the very beger.
Now Ihs on hich be thy will
Keepe us from the paynes of hell,
And as thou madest day seaven,
Bring us to the blisse of heaven,
All manner of good men in their degree,
Amen Amen for charytye”.
(Nel nome della Trinità / Ascolta e vedrai / Le mie risposte, che formano quest’opera / All’inizio ed alla fine chiara ed oscura / Qualcosa di essa ti dirò / sia in rima che in racconto / Malapides, Mat e Paioye / Ed il libro della Turba Philosophorum / Tanto Aristotele, Geber che Hermes / E anche Lullo, Morieno e Rosores / Bonelles, Raimondo ed Alberto / Arnaldo e Percy il monaco così nero / Aros e Vascos ed anche Dessema / La sorella di Mosè, Maria Profetessa / E anche Bacone il grande Chierico / Compirono, ti insegno, tutta quest’opera / E tutti questi si accordano ora in una / Che è qui la pietra filosofale / Altre vie non potrebbe esserci; / Comprendi bene ciò che io ti consiglio / E prega Dio per la sua grazia / Che tu possa avere tempo e spazio. / Per avere la verità di questa parabola / Ringrazia Dio che sia così stabile / Molti uomini la desiderano / Sia Papi, Imperatori e re io ti dico / Preti, chierici ed anche frati / E non tanti ma i più grandi / Ora Gesù, che sia tua volontà / Preservaci dai dolori dell’inferno / E così come facesti i giorni sette / Portaci alla beatitudine del cielo / Ogni sorta d’uomo buono secondo il suo grado / Amen amen, per Carità)
In fondo al rotolo è scritto:
«Si queras in merdis secretis philosophorum
Expensum perdis, opera tempusque laborum » (12).
Ho ora finito la mia relazione su questo curioso documento, che, ne sono consapevole, è assai imperfetta; ma ho fiducia che qualcuno dei colti membri di questa società, che hanno dato più attenzione al sapere alchemico di quanto io non abbia fatto, sarà in grado di delucidare il tema più compiutamente. Io sono assai in debito col mio amico Hugh Cowan Esq. W. S. e Alexander M’ Donald Esq., assistente curatore del museo di questa Società, per la loro assistenza nella presente occasione. Concluderò con le parole di Lord Bacon: “L’alchimia può essere comparata all’uomo che disse ai suoi figli che aveva lasciato loro dell’oro sepolto da qualche parte nella sua vigna, dove loro zappando tuttavia non trovarono oro; ma rivoltando la terra intorno alle radici delle loro vigne essi si procurarono una copiosa vendemmia. Così la ricerca e gli sforzi per fare l’oro hanno portato alla luce molte utili invenzioni e istruttivi esperimenti”.
W. Moncrieff
Edinburgo, 19 Dicembre 1826».
Alla precedente completissima relazione sul rullo del dr. Moncrieff ho poco da aggiungere. Mi sembra, comunque, che gli alchimisti, con i loro lavori, forniscano un’illustrazione del metodo filosofico deduttivo o a priori che era in voga al tempo in cui essi fiorirono, prima che il genio di Bacone inaugurasse il nuovo e più soddisfacente metodo induttivo. Essi sembrano esser partiti dal presupposto che dovesse esistere una pietra dei filosofi ed un elixir vitae, con tutte le numerose proprietà che antiche tradizioni avevano attribuito loro. Per trovarli essi impegnarono tutte le loro energie, e quando i loro esperimenti fallivano, essi alla fine arrivavano alla conclusione che solo attraverso la diretta rivelazione di Dio avrebbero potuto ottenerli.
Una tale idea forse spiega il presente rotolo. La figura in cima potrebbe, io penso, rappresentare la divinità. Le parole corpus, spiritus, anima, tanto spesso ripetute, sono emblematiche della Trinità. Il rospo sembra rappresentare un antidoto ai veleni di ogni sorta. Il sole e la luna sono ben noti emblemi di oro ed argento. L’aquila è descritta nei testi alchemici come regina degli uccelli, e rappresenta il sale armoniaco, in ragione della sua “lucentezza nella sublimazione”. Il dragone è il mercurio, il leone verde è il vetriolo, il leone rosso è il solfato di mercurio rosso, mentre altri simboli esprimono senza dubbio lo zolfo ed altri ingredienti usati nei processi alchemici.
NOTE DELL’AUTORE:
(1) Questo rospo è descritto in un poema intitolato “The vision of Schir George Ripley, Chanon of Bridlington”, stampato nel testo di Ashmole, p. 374. Vi si dice che Ripley vide un rospo “tutto rosso” che, una volta morto, egli espose all’azione del fuoco e da cui trasse una medicina.
(2) Il poema è apparentemente una versione di un altro chiamato The work of Richard Carpenter, (Ashmole, p. 275).
(3) Ashmole, Theatrum, p. 378.
(4) Ashmole, Theatrum, p. 377.
(5) Ashmole, Theatrum, p. 376
(6) Ashmole, Theatrum, p. 375.
(7) Morieno, un eremita romano in Giudea, A. D. 1000.
(8) Raimondo Lullo: nato nel 1235, siniscalco in Maiorca nel1265: morì a Maiorca il 29 giugno 1315 all’età di 81 anni.
(9) Alberto; nato nel 1193 a Lauingen nel ducato di Neuburg, sul Danubio, entrò nell’ordine di San Domenico nel 1222, nominato vescovo di Ratisbona, in Bavaria, nel 1259, si dimise nel 1292; morì a Colonia all’età di 87 anni.
(10) Arnaldo da Villanova: nato all’incirca nel 1245, morto all’incirca nel 1310. Sepolto a Genova.
(11) Pearce the Black Monk.
(12) Vedi Lives of alchemystical Philosophers, London 1815.
(13) Lord Bacon’s Works, by Peter Shaw, M. D., London 1773, p. 28.
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La riproduzione litografica del Ripley Scroll del College of Physicians of Edinburg.